La scienza a orologeria

C'è stato un tempo in cui le decisioni che riguardavano la vita degli italiani venivano prese dalla politica, il che più o meno ha coinciso con la ricostruzione post bellica e con gli anni del boom economico.

La scienza a orologeria

C'è stato un tempo in cui le decisioni che riguardavano la vita degli italiani venivano prese dalla politica, il che più o meno ha coinciso con la ricostruzione post bellica e con gli anni del boom economico. Poi c'è stato un lungo tempo (purtroppo non concluso) nel quale l'ha fatta da padrona la magistratura, che si è messa a indirizzare e condizionare le scelte politiche con vari sotterfugi e interventi a orologeria (solitamente alla vigilia di elezioni) ed è iniziata la decrescita del Paese. Oggi è la volta degli scienziati, che pretendono - senza averne alcun titolo, almeno fino a quando è in essere una democrazia formale - di decidere al posto di governi e Parlamento sulle libertà degli italiani.

L'ultimo caso ieri. Tale Nino Cartabellotta, fondatore e anima della fondazione di ricerca Gimbe, ha dichiarato con solennità che le regioni del Nord, e in particolare la Lombardia, non devono aprire le loro frontiere, che farlo sarebbe da pazzi e di avere il «sospetto» (senza portare alcuna prova) che la Lombardia pur di riaprire stia truccando i dati dei contagi, ovviamente al ribasso.

Io non so perché Cartabellotta abbia deciso di inquinare i pozzi con i suoi sospetti, certo è che il suo - a ventiquattro ore dalla decisione del governo sulle riaperture - sa tanto di annuncio a orologeria, tipo quelli dei magistrati a ridosso di snodi politici rilevanti. In altre parole ha il sapore di un'indebita interferenza sui regolari processi democratici.

Scienziati e ricercatori fanno ovviamente il loro lavoro, alcuni meglio altri peggio, non sono immuni da clamorose cantonate (molti sostenevano che il Coronavirus fosse una banale influenza) e sono in perenne guerra tra di loro, tanto che più li ascolti, più vai in confusione. Ma mi piacerebbe che si stabilisse che il loro parere e i loro «sospetti» non sono né il Vangelo né legge. Riaprire o non riaprire il Nord non è solo una questione scientifica, ci sono in ballo libertà individuali e d'impresa non comprimibili oltre un certo limite, ci sono in gioco fatti economici talmente grandi da incidere, anche in maniera irreversibile, sulla stabilità delle persone e del sistema.

Se il Nord deve o

no riaprire il 3 giugno, non può deciderlo nessun Cartabellotta. Tocca esclusivamente ai suoi governatori, in accordo con il governo. Passare dalla Repubblica dei magistrati a quella degli scienziati, per favore, anche no.

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