Cronache

La scuola riapre nel caos. Il governo è impreparato

Studenti e docenti non sanno ancora come sarà il rientro nella aule

La scuola riapre nel caos. Il governo è impreparato

Siamo al 15 Luglio, fra un mese è ferragosto; dal 16, praticamente, l’estate è un capitolo chiuso e gli italiani sonoancora qui a chiedersi “come ripartirà la Scuola”. Gli italiani sono alla ricerca disperata di aule, camerate convertite in aule, alberghi, cinema, teatri, come in un post terremoto.

Ma l’emergenza è tale perché coglie di sorpresa, ma dopo un congruo tempo diventa normalità. L’Italia è stata spesso colpita da eventi tragici: la spagnola, due guerre mondiali, terremoti, eruzioni vulcaniche… eppure la scuola è sempre stata la prima realtà a ripartire.

In Italia, da quando è scoppiato il covid, versiamo in una situazione di emergenza. Ma tutto è ripartito tranne la scuola. Viene un sospetto: forse è ripartito tutto ciò che è in mano ai privati, che gestiscono sotto lo sguardo garante dello Stato. Uno Stato che ha fatto del monopolio e dell’accentramento la sua cifra.

1. Statalizzeremo tutto, autostrade comprese - si vedrà a quale prezzo.
2. Elimineremo la povertà - le fila alla Caritas sono sempre più lunghe e non solo causa covid.
3. Stabilizzeremo tutti i precari - sono diventati precari quelli che non lo erano.
4. Saneremo la disoccupazione con il Reddito di cittadinanza per reinserire nel circuito lavorativo - la realtà dice che ne hanno beneficiato furbi e furbe che lavorano in nero e incassano il Reddito.
5. Taglieremo i vitalizi e le auto blu – restano gli uni e le altre.

Sarebbe facile attribuire tutta la responsabilità ad una parte politica; in realtà è importante prendere coscienza che tutti siamo responsabili di certi disastri, perchè la vita è bella ma è complessa ... i problemi, per essere risolti, domandano l'arte del discernimento ed un approccio a 360°.

Da Il Giornale il 07.01.2019 si anticipava questo epilogo della semplificazione che discrimina con approcci approssimativi alla realtà. Sono più di 130 giorni che si va ripetendo che la scuola non riparte perché non si sta gestendo la situazione come va gestita. Rispetto a tre mesi fa nulla è cambiato; si continua a promettere che andrà tutto bene, che la scuola ripartirà il 14/09, dove non si sa, come men che mai, e neppure con chi: 50 mila i docenti che cambieranno cattedra e 85 mila le cattedre vacanti. Quindi mancano gli spazi e i docenti e intanto le famiglie sono sempre più allarmate.

Le scuole paritarie sono quasi prese d’assalto dagli allievi della statale, si intende da quelli che possono permettersi di pagare due volte; ieri il lusso era la libertà di scelta educativa, oggi è addirittura lo studio. Lo Stato che garantisce la buona scuola pubblica per tutti, da lui gestita, quella gratuita, quella che non esclude nessuno, oggi esclude il 15%, 1.139 mila allievi che hanno la colpa di essere un sovrannumero in tempi di covid e di distanziamento.

Dov’era il governo, dove la ministra in questi 130 giorni nei quali è stato ripetuto che senza interventi seri non sarebbe ripartita la scuola statale? Troppo impegnato a sparare a zero dai social sulla scuola paritaria diplomificio e postificio, sui docenti precari di tutte le discipline,tacciati come fannulloni che vogliono il posto fisso… dopo soli 15 anni di precariato; è strano che non abbiano un contratto a tempo indeterminato come beffa al decreto Di Maio, volto a attaccare il precariato. Assurdo ma vero: per un verso tale decreto elimina il precariato, per l’altro la stessa forza politica lo alimenta con i concorsoni. Quei poveri disgraziati che hanno rappresentato un bacino elettorale inconsapevole ora sono fannulloni… e mentre ci si concedeva il lusso dell’ideologia si lasciava passare del tempo, si sprecava quel tempo prezioso.

Per rimettere in classe 8 mln di studenti con i loro docenti nelle 40 mila sedi scolastiche statali e nelle 12 mila paritarie, ormai anche i muri hanno capito il ritornello che ciò era possibile a costo zero. Oggi però l’allarme aumenta come era prevedibile: gli allievi delle piccole scuole paritarie sono in panne perchè non sanno dove andranno. Scrive un nonno di due bambini dellascuola dell’Infanzia che ha chiuso in Via Oderisi da Gubbio aRoma: per più di 100 bambini la scuola dell’Infanzia non c’è nè statale, nè comunale, nè paritaria. Che fare? Le mamme o i padri smetteranno di lavorare e terranno i figlia casa, o faranno 30 Km al mattino in bicicletta cosi non pagano l’area C, e andranno in una scuola dell’Infanzia che dista circa 2 ore da casa, perché quelle vicine statali e comunali sono al completo. Potranno uscire da casa alle ore 05.00 arrivare a scuola alle ore 07.00 e cosi andare al lavoro. Questo è un Paese per la famiglia e per le donne.

Ma c’è un tempo per tutto. Ormai è troppo tardi. Avrebbe potuto il Governo in questi 130 giorni siglare patti educativi con le scuole paritarie presenti per redistribuire nel rispetto delle autonomie delle scuole e della libertà di scelta educativa delle famiglie questi allievi (Esaustivo lo studio pubblicato da IBL). Lo avrebbe fatto a costo zero ma ora non solo deve pagare di più ma questi presìdi sono persi per sempre.

Quello che forse non è chiaro è che la scuola non è una scatola vuota o un contenitore da riempire, ma è una realtà vivente. Questi 1.139 mila allievi, come tutti gli 8 mln di allievi, non hanno bisogno solo di spazi ma di ambienti educativi, che non si improvvisano al 15/7 utilizzando un locale disabitato o una caserma riconvertita.

Le stesse linee guida hanno un barlume quando accennano timidamente a Autonomia e a Patti educativi. In queste ore occorre essere solidali con i Presidenti di Regione, i DG degli uffici scolastici regionali, i dirigenti e i docenti delle scuole statali, perché nessuno scarichi su di loro colpe di cui non sono responsabili. Hanno retto una emergenza con la scuola che è andata avanti grazie alla generosità e al buon senso di centinaia di migliaia di docenti, che con zero risorse – se non il proprio cellulare per collegarsi con gli alunni - e con dirigenti privi del tutto di autonomia, hanno portato avanti la scuola. Occorre ringraziare questi eroi come i medici negli ospedali: nessun aiuto hanno ricevuto da Roma e dal Ministero, a riprova che le emergenze richiedono leadership di altro tenore.

Autonomia non significa infatti imparare l’arte di arrangiarsi. I dirigenti della scuola statale potranno finalmente avere l’autonomia ma senza strumenti, ossia le risorse: un fallimento annunciato.

Se la scuola a settembre non riparte, non sarà certamente colpa dei dirigenti scolastici o dei docenti. La mancata realizzazione dell’autonomia e il diritto negato alla libertà di scelta educativa sono problemi certamente non imputabili a questo Governo, che, però (e questo fa la differenza!), è il solo ad avere ora, in questo momento della nostra storia, l’opportunità di risolverli per sempre.

Ormai, però, la sensazione è che sia troppo tardi. Nella peggiore della ipotesi si è prospettato un costo di 8-10Mld per far ripartire la scuola statale.

- La crisi evidentemente renderà molto più difficile che un docente del sud migri nel nord per fare la fame con il misero stipendio decurtato dal carovita.
- le famiglie sono scoraggiate perché per loro non c’è posto nella statale vicina. Tre mila i posti per la scuola dell’infanzia che mancherebbero solo a Milano.
- le scuole paritarie di qualità avrebbero già esaurito i posti disponibili e grazie alla loro autonomia si sono ingegnate in tempi di covid a continuare con la Dad senza alcun aiuto dal Governo, facendo conto su risorse proprie, sugli aiuti delle famiglie e indebitandosi per pagare con lo stipendio il posto a 180 mila dipendenti. Le scuole che sono morte sotto la morsa della crisi non riapriranno più: le altre ripartono. Per questi allievi lo Stato ha destinato 300 Mln di euro, poco meno di 333 euro per i 900 mila allievi.

Ma il prezzo chi lo pagherà? I cittadini che vedranno realizzarsi la profezia più tragica: in Italia il sistema scolastico era iniquo in tempi di pre covid-19; l’occasione sprecata dal Governo ha reso la scuola italiana da iniqua a doppia velocità. Chi è ricco sceglie la scuola pubblica paritaria di qualità; chi è povero si accontenta… Ancora una volta il povero e il fragile saranno i veri sconfitti.

Nelle emergenze, per uscirne occorre unirsi, stringere alleanze, abbattere i muri dell’ideologia. Le Linee guida parlano di “patti di comunità”: benissimo. Scuola pubblica, statale e paritaria, unita per ricostruire gli Italiani e la loro cultura. Le 12.000 scuole paritarie hanno spazi, aule pronte, teatri, palestre non solo per i 900 mila allievi che le frequentano ma anche per una buona percentuale dei 7 Mln di studenti.

Chiediamo ai genitori di questi studenti cosa preferiscono: che la scuola non riparta? Fare km al giorno per mandare i figli a scuola? Vedere i propri figli mandati a scuola in parchi e teatri? Non sarebbe preferibile “sfruttare” l’opportunità offerta da una buona scuola pubblica paritaria,mandandovi il proprio figlio, a costo zero, perché il genitore ha già pagato le tasse? Il problema è però che nei patti di comunità non si parla di paritarie. Quindi la situazione che si profila è la seguente: le scuole paritarie chiudono, le scuole statali non riaprono o, se riaprono, usano spazi per la didattica del tutto inadeguati. Chi ci guadagna?

E’ chiaro chi ci perde: il Paese. Non possiamo ammettere che la scuola statale ha bisogno della scuola paritaria? E’ quanto Padre Luigi Gaetani, presidente CISM, aveva delineato, oserei dire quasi profeticamente, il 16 Aprile 2020 in una Nota congiunta

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