Coronavirus

"Nidi aperti? Per garantire una copertura familiare ai lavoratori"

La Lombardia piomba in zona arancione scuro. Le scuole di ogni ordine e grado vengono chiuse ma non gli asili nido. Pedr spiegarlo abbiamo interrogato un esperto

"Nidi aperti? Per garantire una copertura familiare ai lavoratori"

In Lombardia il virus corre più che altrove: è per questo motivo che, tra le tante decisioni prese per far fronte all'emergenza con la Regione che passa all'arancione rinforzato, si è deciso di chiudere le scuole. Ma c'è un però che balza all'occhio: gli asili nido restano aperti. Come mai la scelta di far andare a scuola, nonostante tutto, la fascia d'età compresa fra i tre mesi ed i tre anni?

Per molti genitori non è facile comprendere il motivo della scelta. Per questo motivo abbiamo chiesto il parere di un esperto, il professor Carlo Federico Perno, Direttore di Microbiologia dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e Professore di Microbiologia all'Università Medica Internazionale UniCamillus di Roma.

Professor Perno, perché in Lombardia si chiudono le scuole ma i nidi rimangono aperti?

“La risposta è virologica, non ho elementi per potermi esprimere sulle scelte politiche. I bambini si infettano esattamente come gli adolescenti e si infettano esattamente come gli adulti. L’infezione c’è in tutte le categorie di età e sociali, ciò che cambia è l’evoluzione della malattia: negli anziani e nelle persone fragili abbiamo una mortalità elevata, in tutte le altre categorie e con le dovute gradazioni la malattia decorre in modo sintomatico ma con una gravità contenuta”.

Qual è il rischio per i bambini?

“Possono infettarsi e possono infettare anche i bambini tra zero e due anni: la loro carica virale non è diversa da quella degli adulti. Si è deciso di non far portare loro la mascherina perché al di sotto dei sei anni, oggettivamente, è ritenuto difficile che possano indossarla. È un elemento di differenziazione tra bambini sotto i 6 anni ed i ragazzi che vanno a scuola a cui è richiesta la mascherina”.

Quella dei nidi aperti è una scelta un po’ strana: potrebbe essere una scelta politica?

“Non so se è strana, sicuramente ha una valenza sociale e politica che travalica la scelta virologica: virologicamente parlando, tutti si infettano e tutti possono infettarsi. È vero che nelle scuole abbiamo dimostrato più e più volte che, rispettando le regole, i tassi di infezione sono estremamente bassi ma è anche vero che nel momento in cui non si rispettano le regole ci si può infettare. Detto questo, non risponde alla sua domanda del perché le scuole sono chiuse ed i nidi sono aperti, aiuta a capire perché le scuole sono chiuse nelle zone rosse”.

Cosa ne pensa, quindi, di questa scelta?

“La scelta di tenere aperti gli asili nido, e ripeto che si tratta di un’opinione personale da cittadino e non da virologo, ritengo sia legata alla necessità di garantire una copertura familiare a tutti i lavoratori che non avrebbero la possibilità di assistere i bambini nel momento in cui dovessero andare a lavoro. Ma è una pura e mera opinione, non ho elementi sull’argomento”.

Se i nidi non sono chiusi, come si può bloccare l’avanzata del virus tra gli insegnanti e nei bambini più piccoli che possono essere veicolo di infezione?

“Esula completamente dalle mie competenze, sono scelte politiche che possono essere anche ragionevoli. Ci tengo a sottolineare che certe scelte, non comprensibili da un punto di vista virologico, possono avere una logica sociale e politica di male minore. Dobbiamo ricordare che le scuole materne sono da sempre veicolo di infezioni respiratorie, basti pensare all’influenza, al raffreddore ed alle malattie esantematiche. Chiaramente, le scuole materne sotto i tre anni sono il momento in cui i bambini si scambiano, oltre alle prime effusioni ed alle prime capacità di conoscersi, anche tutta una serie di virus e di patologie respiratorie”.

Cosa si sente di aggiungere?

“Non ho elementi per fare una valutazione ma non è una critica: dal punto di vista virologico non c’è un principio che supporti l’apertura dei nidi ma magari ci sono principi forti, dal punto di vista sociale e politico, di cui non sono a conoscenza ma che, come ho detto prima, posso immaginare. È chiaro che bisogna tenere presente che un bambino che sta nella scuola materna è potenzialmente infettabile, potenzialmente infettato e potenzialmente infettante. Sono elementi da ricordare”.

Pur con tutte le difficoltà del caso, come si può rimanere distanziati negli asili nido?

“Posso dirle che alcune scuole materne ed elementari hanno disegnato un percorso di distanziamento dei bambini sfruttando, dove possibile, lo spazio aperto e gli spazi di gioco ma questo non risponde pienamente al quesito generale. La mia risposta è virologica: non ci sono indicazioni per cui i bambini piccoli siano meno veicolo di infezione”.

Che scelta è, quindi?

“Non significa che questa scelta sia sbagliata, anzi: io sono da sempre un fautore dell’apertura delle scuole con le dovute cautele ed attenzioni. Quando si chiudono le scuole a volte ci sono ottime ragioni, altre volte è forse una precauzione che si potrebbe evitare utilizzando adeguatamente gli strumenti di distanziamento e mascherine. Più che tenere aperti gli asili, la vera domanda è: abbiamo veramente bisogno di chiudere tutte le scuole? Per me è una domanda inevasa”.

È giusta la chiusura delle scuole in Lombardia?

“Non glielo so dire: posso dirle che in tutti i contesti nei quali si riesce a garantire un ordine nel mantenimento delle distanze e delle mascherine, non credo che la scuola rappresenti un rischio di infezione maggiore dei bar o dei ristoranti che sono aperti nelle stesse ore. Ho difficoltà a ritenere la scuola un veicolo di infezione superiore ad altri se le regole vengono rispettate. Altrimenti, è certo che diventa un veicolo di infezione come i bar, ristoranti e tutte le zone in cui ci si incontra”.

La diffusione del virus nelle scuole è basso? Abbiamo dei dati nuovi?

“Su una rivista scientifica internazionale abbiamo pubblicato i risultati nelle scuole che abbiamo seguito in cui vengono rispettate rigorosamente le regole: sia in scuole elementari, medie e superiori i tassi di infezione sono estremamente bassi. Ovviamente non possiamo escludere che in altre scuole in cui non siano state rispettare le regole i tassi siano superiori. Il problema non è la scuola ma come viene gestito globalmente il sistema scuola”.

A cosa si riferisce?

“I trasporti con i ragazzi tutti ammucchiati in un autobus, per esempio, oppure i ragazzi che in classe non portano le mascherine. È chiaro che in questi casi un rischio c’è. Se tutto questo venisse mantenuto e rispettato, la scuola non sarebbe veicolo di infezione come in tutti quegli spazi d’incontro in cui si rispettano le regole”.

Sarebbe auspicabile un allungamento del periodo scolastico per recuperare anche le ore di Dad?

“Ci tengo a sottolineare che in questo caso non parlo da virologo ma da cittadino: la scuola a distanza, purtroppo, non ha garantito l’insegnamento e l’apprendimento per ovvie ragioni ma non è colpa di nessuno, non ha la stessa valenza dell’apprendimento in classe. Se potessimo recuperare le ore perse, eviteremmo di perdere interi anni e intere generazioni.

Sono un fautore dell’allungamento del periodo scolastico”.

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