Se la Gran Bretagna ha paura di uscire dall'odiata Europa

Se la Gran Bretagna ha paura di uscire dall'odiata Europa

Da una parte la marcia, pacifica e imponente, del popolo europeista inglese che chiede di uscire dallo stallo della Brexit con un secondo referendum, istantanea della paura di dire addio all'Europa. Dall'altra le minacce di morte, al telefono e via Facebook, a Margaret Georgiadou, la donna di 77 anni che ha promosso la petizione per cancellare la Brexit e ha già raccolto quasi 5 milioni (...)

(...) di firme, un record. «Tremo ancora come una foglia», racconta.

Da una parte le famiglie e i bambini che sfilano per un futuro nella Ue, dall'altra ancora minacce di morte alla parlamentare Anna Soubry che, questo weekend, non è potuta rientrare a casa, nella sua circoscrizione elettorale nelle East Midlands. Un poliziotto ha detto chiaramente al marito: «Se fosse mia moglie, sarei preoccupato per la sua incolumità», a rischio dopo che la deputata ha lasciato il Partito conservatore per il gruppo degli Indipendenti, in polemica con la linea della premier Theresa May sulla Brexit.

La manifestazione di Londra, la più partecipata da quando gli inglesi scesero in piazza contro la guerra in Irak nel 2003, entrerà nei libri di storia come tappa fondamentale del travagliato percorso delle relazioni ancora incerte fra il Regno Unito e la Ue. Eppure, a dispetto del milione di manifestanti pacifici no-Brexit, a tre anni dal referendum il clima nel Regno Unito è incandescente come lo fu alla vigilia di quel voto storico, quando la deputata laburista Jo Cox venne uccisa a una settimana esatta dal 23 giugno 2016. Tre colpi di pistola, poi coltellate fuori dalla biblioteca di Birstall, Yorkshire Ovest. Il killer, 52 anni, uno squilibrato con problemi psichiatrici, la assassinò urlando: «Prima la Gran Bretagna». Un delirio nazionalista probabilmente ispirato dalla campagna pro-Ue della parlamentare.

Le minacce sono trasversali, «una intimidazione sistematica» denuncia l'ex ministra tory Nicky Morgan, mentre la deputata Rupa Huq, laburista, riferisce il contenuto delle e-mail anonime che le arrivano: «Torna in Bangladesh per riflettere sulla tua vita se non vuoi tornare in te sulla Brexit, miserabile, puzzolente prostituta della Ue».

L'atmosfera, a distanza di 1.003 giorni da quel voto, non solo non sembra cambiata, ma è persino peggiorata. L'aria nel Paese resta avvelenata. Il dibattito è diventato logorante, gli animi sono esasperati e le divisioni si sono allargate. Ci vorrebbe la Politica, quella con la maiuscola, per ricucire, trovare il compromesso, dare un indirizzo. Invece quella inglese è allo sbando, ha perso credibilità e autorevolezza. Il Parlamento tenterà ora di prendere il timone. E sembra l'unica strada possibile.

Perché un secondo referendum potrebbe invece riproporre, con toni più brutali, lo scontro del 2016. E regalare a chi ha votato per la Brexit un frustrante senso di tradimento. Non proprio la cura di cui il Regno Unito ha bisogno.

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