Una delle più diffuse rappresentazioni simboliche del denaro nell'iconografia medievale è un sacco che appeso al collo di un ricco lo conduce all'inferno. Ora c'è da capire se è poi giusto che il sovrintendente Alexander Pereira finisca trascinato a fondo dai 15 milioni di petrodollari che l'Arabia saudita e la compagnia petrolifera Saudi Aramco hanno offerto a un uomo a cui tutti hanno sempre riconosciuto, oltre alle capacità artistiche, una grande abilità manageriale nella caccia alle risorse finanziarie necessarie per mandare avanti un pachiderma come la Scala, soprattutto quando lo Stato si occupa d'altro. Trattasi forse di sterco del demonio (saudita) che macchierebbe l'immacolata verginità dell'istituzione di cui l'Italia mena così gran vanto? Il motivo sarebbe la violazione dei diritti umani perpetrata da quelle parti e di cui la terribile uccisione del giornalista Khashoggi è solo l'ultima tragica epifania. Ma se questa è l'intollerabile situazione, che se ne occupi al più presto la comunità internazionale, ripristinando (magari con la forza) uno stato di diritto. Oppure si metta il Regno in cima a una lista nera di Stati canaglia con cui sia impossibile fare affari, andare in vacanza e magari anche giocare le finali di Supercoppa italiana. O vogliamo davvero affidare la risoluzione di gigantesche questioni di etica e geopolitica a un teatro e al suo sovrintendente? Sarebbe davvero il modo per far di tutto un'opera buffa. Anche perché i petrodollari dalle nostre parti scorrono già a fiumi. Ci si documenti su quanti siano stati già investiti a Milano per tirare su quei quartieri del futuro che mostriamo orgogliosi al mondo intero. E non sembra che da quelle parti le donne siano costrette a girare velate. Per non parlare, anche se la situazione è ovviamente molto diversa, di quell'accordo da 525 milioni di dollari per poter utilizzare per trent'anni il brand Louvre ad Abu Dhabi fatto dagli scaltri cugini francesi.
Perché se con i loro soldi i sauditi dovessero pretendere di mettere i mutandoni alle ballerine o non far più entrare le donne a teatro si capirebbe, se invece si tratta solo di contribuire alle meravigliose sorti e progressive della Scala non si capisce perché Pereira dovrebbe rinunciare a quei 15 milioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.