Se non ora, quando?

D'ora in avanti un pm che non si trovi d'accordo con il suo capo in merito ad un'indagine, potrà consegnare un verbale o altro atto ad un componente del Csm, il quale, a sua volta, potrà distribuirlo a due terzi dei membri dell'organismo

Se non ora, quando?

D'ora in avanti un pm che non si trovi d'accordo con il suo capo in merito ad un'indagine, potrà consegnare un verbale o altro atto ad un componente del Csm, il quale, a sua volta, potrà distribuirlo a due terzi dei membri dell'organismo, richiamando i suoi interlocutori alla discrezione in quanto pubblici ufficiali: dal segreto istruttorio al segreto di Pulcinella. Poi, di fronte al rischio di un provvedimento disciplinare, promuoverà una raccolta firme tra i colleghi e, magari, resterà nello stesso Tribunale alle dipendenze del capo della Procura su cui ha espresso pesanti riserve.

Forse il pm Paolo Storari avrà pure qualche ragione dalla sua, come pure Piercamillo Davigo che lo ha assecondato, ma la decisione di ieri del Csm di mantenerlo al suo posto invece di spostarlo in via cautelativa ad altro Tribunale, è la dimostrazione dell'anarchia giudiziaria che regna nel Paese, figlia della crisi verticale in cui si dibatte la magistratura. Appena qualche mese fa l'attuale Csm non ci pensò due volte a radiare Luca Palamara. In questa occasione è stato usato un altro metro da quello stesso organismo che, se il presidente Mattarella non lo avesse impedito, era pronto a sparare a palle incatenate contro la riforma Cartabia.

Un metodo di giudizio anch'esso figlio dei calcoli e delle alleanze che condizionano da sempre la vita del Csm e che, comunque, ha il suo bollettino di morti e feriti: dopo una sconfessione del genere, infatti, il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, che aveva richiesto l'allontanamento di Storari, come può non considerarsi mezzo delegittimato? E ancora, come farà il capo della Procura milanese, Francesco Greco, a convivere d'ora in avanti nello stesso Tribunale con il suo accusatore Storari? Sono saltati gli schemi e la faida riguarda pezzi di magistratura che un tempo agivano gomito a gomito: Greco e Salvi, oggi schierati su posizioni opposte a quelle di Piercamillo Davigo.

La verità è che la situazione è diventata insostenibile e pericolosa. La crisi della magistratura si sta avvitando su se stessa: se nella vicenda di Palamara la questione centrale erano le nomine, ora, invece, investe i processi. Ergo, la vita delle persone.

Un pm di Milano come De Pasquale è sotto indagine per avere nascosto prove favorevoli alla difesa nel processo Eni. E, nei fatti, alla base del «caso Storari» ci sono sempre i metodi con cui viene condotta un'inchiesta. Una crisi profonda testimoniata dal numero dei magistrati (ben sette) sotto processo a Brescia, il tribunale che vigila sui colleghi milanesi.

Da questo pantano la magistratura non si tirerà fuori da sola, senza un aiuto.

E l'aiuto può arrivare solo dalla Politica, quella con la P maiuscola, se saprà investirsi del problema, ricordandosi per una volta delle sue prerogative. Perché, referendum o non referendum, per citare Primo Levi, se non ora, quando?

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