Chi scrive - cioè io - è un maschio, bianco, eterosessuale e orgoglioso di esserlo. Molto orgoglioso. E quindi segue con un certo interesse e divertimento ciò che accade dentro il quotidiano la Repubblica in tema di privilegi e rivendicazioni di categorie discriminate. Ad esempio. Nel via vai a cui si assiste da mesi in Largo Fochetti, lunedì ha colpito l'arrivo sulle pagine del giornale di Luca Ricolfi. Pronti via, il sociologo ha iniziato la collaborazione con una articolessa che si è fatta notare: ha scritto l'intero paginone centrale della sezione Cultura su un tema delicato - le follie del politicamente corretto e la sua degenerazione, la cancel culture - ma prendendolo dalla parte sbagliata rispetto alla linea ideologico-editoriale di Repubblica (che il direttore Maurizio Molinari vorrebbe spostare, illiberali permettendo, un po' più al centro).
Comunque. Ricolfi, fra esempi di censure e schizofrenie della neolingua, ha raccontato come sia l'ossessione per l'inclusività sia la pretesa di giudicare la Storia secondo criteri morali di oggi, negli Stati Uniti costituiscono un pericolo per la convivenza democratica, e da noi rischiano di diventarlo presto. Nulla di particolarmente scandaloso. Se non fosse che era scritto su Repubblica.
E infatti a sinistra di Repubblica la reazione non si è fatta attendere. Gad Lerner, fresco del triste approdo al più fazioso giornale italiano, il Fatto Quotidiano, su Twitter ha scritto: «Complimenti a Luca Ricolfi. Il suo odierno approdo a Repubblica, il giornale della sinistra antipatica contro cui ha condotto una coerente battaglia culturale, è a suo modo una vittoria. Può compiacersi di avere espugnato la roccaforte nemica». Una reazione indignata che, come ha notato qualcuno, rievoca i paginoni di spocchia che France Observateur riservò alla decisione di Albert Camus di passare all'Express, settimanale troppo plurale per la Sinistra. Poi Tomaso Montanari - che non se ne perde una - ha riassunto in un tweet astioso più che ironico il pezzo di Ricolfi: «A me maschio bianco, anziano e benestante il mondo va bene così: non rompete i coglioni». E infine, a rincarare la dose di olio di ricino per chi sgarra, è arrivata Michela Murgia, l'erinni del correttismo politico, capace di similitudini di rara eleganza: «Leggo Ricolfi e non posso fare a meno di pensare che il clitoride ha 8000 terminazioni nervose, ma ancora non è sensibile quanto un editorialista italiano maschio bianco eterosessuale quando sente minacciato il suo privilegio». Tweet rilanciato dalla sua portavoce, la scrittrice Chiara Valerio, subito assoldata da Repubblica per rispondere, ieri, all'intollerabile articolo di Ricolfi contro l'intolleranza della sinistra illiberale.
E il compitino di Chiara Valerio (buona la volontà, originalità così così, sulla forma bisogna lavorarci) è apparso per quello che era: un articolo di riparazione per soddisfare la parte più facinorosa del giornale, un po' come è accaduto giorni fa quando, dopo una rubrica di Mattia Feltri troppo critica sul Ddl Zan, il
direttore della Stampa Massimo Giannini si è affrettato ad andare in tv a correggere la linea che non è quella del suo giornale... Titolo del pezzo di Chiara Valerio: Parlare «giusto» non è questione di etichetta. Appunto.
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