Cronache

La seconda vita di Formigoni. Insegnante dalle suore

Per lui è un ritorno al passato in bianco e nero: alla Caritativa nella Bassa, seguendo gli insegnamenti di don Giussani

La seconda vita di Formigoni. Insegnante dalle suore

Per lui è un ritorno al passato in bianco e nero: alla Caritativa nella Bassa, seguendo gli insegnamenti di don Giussani. Ma è anche un modo per onorare il debito con la giustizia. Roberto Formigoni gioca la carta dell'affidamento in prova ai servizi sociali e chiede di poter insegnare italiano alle suore straniere presso il Piccolo Cottolengo Don Orione di Milano. Sarebbe la seconda «sessione» al Piccolo Cottolengo: l'ex presidente della Regione Lombardia aveva già proposto la nostra lingua alle religiose del Madagascar un paio d'anni fa, prima di finire in cella a Bollate.

Ora, dopo cinque mesi di carcere, è in detenzione domiciliare e vorrebbe scontare un segmento della pena provando a spiegare il vocabolario a chi ha maturato la vocazione a migliaia di chilometri di distanza. Le condizioni per ottenere l'affidamento sono maturate questa estate e Formigoni ha avanzato regolare richiesta al Tribunale di sorveglianza, come anticipato ieri dal Corriere della sera.

Non è detto che la risposta sia positiva: la domanda potrebbe essere respinta, oppure potrebbe essere accolta ma potrebbe cambiare la destinazione. Per ora il Celeste, condannato in via definitiva a 5 anni e 10 mesi di carcere per corruzione, continua la vita di prima: «Sono ristretto in casa - spiega al Giornale - e passo il tempo a leggere e studiare». La politica è sempre la grande passione dell'ex governatore che però resta in tribuna: «Avevo chiesto di partecipare su invito degli organizzatori ad una manifestazione del fronte del no in vista del referendum sul taglio dei parlamentari, ma i giudici hanno ritenuto di non concedermi il permesso ed io ovviamente ho ubbidito. A Natale avevo domandato l'ok per trascorrere la giornata di festa con i miei fratelli e il permesso era arrivato. Questa volta no. Va bene così».

Ci sono altre piccole ma importanti consolazioni, nella routine quotidiana: «Posso uscire due ore al giorno e io cerco di impiegare al meglio quel tempo prezioso: cammino molto e incontro qualche amico».

Ma c'è di più: «Sto scrivendo anche un libro di cui però al momento non voglio parlare. Quando sarà pronto troverò il modo di presentarlo».

Insomma, il Formigoni effervescente e talvolta sprezzante di qualche anno fa, molto amato e molto odiato, sembra essere finito in naftalina dentro qualche armadio. Insieme alle giacche coloratissime e sgargianti che erano diventate un tratto distintivo del look nell'ultima fase del suo mandato ventennale di dominus della Regione Lombardia.

Oggi affiora una personalità diversa: sempre graffiante, ma più pacata e riflessiva, a tratti distaccata dalla contingenza degli avvenimenti. Un Formigoni segnato dai colpi durissimi delle inchieste che l'hanno portato in cella, ma anche consapevole dei risultati raggiunti durante la sua lunghissima presidenza: basta pensare al buono scuola e alla riforma sanitaria, considerata - pur fra critiche e scandali - un modello e un esempio per tutta Italia. Almeno fino a qualche mese fa, quando la pandemia ha costretto a riconsiderare i meriti e i parametri del sistema lombardo; e però anche su questo versante Formigoni contrattacca, attribuendo fallimenti e responsabilità alla controriforma messa in atto dopo il suo addio dalla giunta Maroni.

Poi c'è il controverso capitolo soldi & conti correnti: la Procura di Milano, pur avendo cercato per mari e per monti, non ha trovato un centesimo del fantomatico tesoro dell'ex governatore, aprendo una crepa inquietante nella costruzione architettonica della condanna che ha retto a tre gradi di giudizio ma è anche arrivata fra spinte e suggestioni mediatiche, come le foto del tuffo in un mare paradisiaco da uno yacht di lusso.

In compenso, il vitalizio è ridotto ad un moncone e la pensione targata Pirellone è stata artigliata dalla Corte dei conti. La battaglia per quei denari è in pieno svolgimento ed è difficile prevedere come finirà. Lui non si sbottona, ma se la cava sibillino con una sola parola: «Attendo».

Dunque, nessuna polemica, basso profilo e disponibilità a fare da maestro a chi non mastica la lingua di Dante. «La precedente esperienza al Don Orione - è la conclusione - mi sembra sia stata positiva. E mi piacerebbe andare avanti con quel lavoro». Come Berlusconi si era dedicato ai vecchietti di Cesano Boscone.

Nelle prossime settimane la decisione.

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