Politica

Serve la politica non la propaganda

Tre indizi fanno una prova: Matteo Salvini ha dichiarato guerra a Silvio Berlusconi e a Forza Italia, che dopo un lungo periodo di oblio hanno inaspettatamente ripreso il centro della scena politica e sono invocati un po' da tutti

Serve la politica non la propaganda

Tre indizi fanno una prova: Matteo Salvini ha dichiarato guerra a Silvio Berlusconi e a Forza Italia, che dopo un lungo periodo di oblio hanno inaspettatamente ripreso il centro della scena politica e sono invocati un po' da tutti - Quirinale, Pd, Renzi e una parte dei Cinque Stelle - come possibili salvatori della Patria, visto che l'attuale maggioranza non sembra in grado di reggere da sola l'impatto del virus e delle sue conseguenze economiche. I tre indizi sono: lo shopping che ieri Matteo Salvini ha fatto tra i deputati di Forza Italia, due signore e un signore dei quali non penso qualcuno sentirà la mancanza; il boicottaggio della legge «salva grandi imprese» a rischio scalata dall'estero, di cui beneficerebbe anche Mediaset; il sostanziale plauso per l'arresto in Calabria del presidente del Consiglio regionale, Domenico Tallini di Forza Italia.

Matteo Salvini ovviamente, come leader della Lega, è libero di fare ciò che crede, anche se dovrebbe decidere una volta per tutte se il suo partito deve diventare una affidabile forza di governo o deve restare una grande forza di opposizione, capace di scaldare le piazze, senza però toccare mai palla nelle partite che contano e vivere in un esaltante isolamento politico dentro e fuori i confini nazionali.

Possibile che nella sua testa ci sia la convinzione di conquistare un giorno il cinquantuno per cento dei consensi e andare da solo al governo. Ma se così non fosse, e così mai sarà, le regole della politica impongono per arrivare alla meta di saper affrontare curve e strettoie, fare e disfare accordi, se necessario anche con il nemico. Bello? No, direi necessario come accadde quando, per mero interesse personale, si alleò con gli acerrimi nemici Cinque Stelle pur di andare al governo, tradendo gli impegni e i patti di coalizione e mettendo la sua firma sotto il reddito di cittadinanza e altre amenità del genere.

Non faccia il duro e puro, quindi. Se la contingenza, e soprattutto l'interesse del Paese, oggi richiedono soluzioni diverse da quelle immaginate o desiderate. Uno che è andato al governo con Toninelli e la Lezzi non può fare oggi lo schizzinoso. Può rubare nottetempo tutti i deputati di Forza Italia promettendo loro sedie e poltrone e può riuscire a fare chiudere Mediaset o farla comprare dai francesi. Ci sta anche iscriversi al partito dei pm. Ma poi che accade? Che se ne fa lui, ma soprattutto che ce ne facciamo noi di tutto questo? Salvini è ancora in tempo, smaltita la rabbia e l'invidia per la resurrezione politica di Berlusconi, per fare ciò che è giusto e logico fare.

Fare politica e non propaganda.

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