Quella sfida ai suoi medici per il governo dei migliori

Nessuno più di Silvio Berlusconi ha espresso anche fisicamente, oltre che per le parole scelte, la gravità che impone di sostenere il governo Draghi

Quella sfida ai suoi medici per il governo dei migliori

Nessuno più di Silvio Berlusconi ha espresso anche fisicamente, oltre che per le parole scelte, la gravità che impone di sostenere il governo Draghi. Lo ha fatto con il timbro della voce e con la postura del corpo, esprimendo preoccupazione e sofferenza con poche parole che esponevano concetti netti: questo governo nasce avendo come condizione l'unità del Paese, senza preclusioni politiche. Non nasce, dunque, una nuova maggioranza politica, ma una risposta proporzionata all'emergenza di una situazione gravissima: noi facciamo la nostra parte e se anche gli altri faranno la loro, «l'Italia potrà rialzarsi», ha detto. Questo ci è sembrato lo scheletro di un discorso sintetico in partenza.

Era la prima volta di Silvio Berlusconi in Parlamento, in una veste politica di leader, da molto tempo. Era come viaggiare con la macchina del tempo, ieri a Roma quando è arrivato in auto all'ingresso carraio della Camera con la sua delegazione che aveva riunito nella nuova residenza sull'Appia, dopo l'abbandono di Palazzo Grazioli, ormai consegnato alla memoria di un'altra epoca. Ma era incredibile e bruciante l'impudenza con cui i rappresentanti delle forze che hanno condiviso fino all'ultimo momento le responsabilità del disastroso governo dell'avvocato Conte mostravano la loro unica preoccupazione, che non era quella di far nascere un governo capace di porre rimedio ai loro disastri, ma quella di come far digerire ai rispettivi elettorati il rospo di un governo insieme alle forze del centrodestra, peraltro fra loro divise. Berlusconi ha fatto cenno alla divisione per cui Giorgia Meloni si è chiamata fuori decidendo di non votare la fiducia al governo Draghi, ricordando che non è questo il momento di pensare in termini di vantaggi elettorali. Ma, nel complesso, l'intervento di Berlusconi ieri a Montecitorio si imponeva per il profilo storico: non soltanto per la gravità della situazione in cui il governo uscente ha fatto collassare sanità ed economia, ma per il fatto che Berlusconi ha speso il suo stesso stato di salute per testimoniare tale gravità. È arrivato a Roma forzando il parere dei suoi medici e della sua famiglia e ha speso la sua immagine e anche la sua debolezza di convalescente per accompagnare le parole del messaggio politico.

L'evidenza delle immagini, delle parole e dello stile ha mandato letteralmente in bestia in particolare il movimento pentastellato, che ha sempre mantenuto un pagliaccesco ostracismo nei confronti di Berlusconi. Si può dire che uno spettacolo nello spettacolo sono stati ieri i molti commenti e più che altro le espressioni imbarazzate e sbrigative che emergevano dalle cronache specialmente televisive. È emerso in tutta evidenza che il governo Draghi nasce con l'appoggio dichiarato e personale dell'uomo che ha portato Draghi al vertice della Banca d'Italia e quindi in Europa: qualche giorno fa lo stesso Berlusconi definiva il tono delle telefonate del presidente del Consiglio incaricato come «gentile e affettuoso», due attributi che hanno la loro radice in un rapporto che è storico. Facendo un discorso di totale adesione e anche di totale autonomia a commento dell'incontro con Draghi, Berlusconi ha implicitamente messo sotto stress gli altri discorsi, specialmente quello di Zingaretti, volti soltanto a mettere paletti che non ci devono essere, chiedere identità politiche che adesso è richiesto che siano accantonate, a causa di un unico problema che, per loro, è molto più impellente e grave di quello in cui versa il Paese: come far digerire a un elettorato, aizzato quotidianamente alla faziosità, il fatto che un governo unitario e di emergenza richiede il coraggio e la forza di lavorare insieme agli avversari.

È stato dunque l'intervento personale ieri di Silvio Berlusconi anche un esercizio di stile: vi è stato detto dal presidente della Repubblica di non mettere paletti e non imporre perimetri. Noi rispondiamo a quell'appello, ma voi non avete la forza morale di dire chiaramente sì, sì e no, no.

Un momento particolarmente toccante ci è sembrato quello dell'arrivo di Berlusconi, quando si è reso conto della folla dei fotografi e dei cameramen assiepati davanti all'ingresso carraio e sulle scale che portano a via degli Uffici del Vicario. Quando è sceso dalla macchina, che aveva attraversato quella folla, si è girato ed è tornato verso l'esterno, incontro a giornalisti e fotografi.

Ha fatto qualche cenno per salutare, forse con l'intenzione di dire qualcosa, ma la sua presenza ha provocato un affollamento denso e con momenti di nervosismo, quindi Berlusconi, che aveva esibito il suo miglior sorriso togliendosi per un attimo e a distanza da tutti la sua mascherina, è tornato sui suoi passi ed ha raggiunto gli ascensori che lo attendevano per salire da Draghi, che lo ha accolto accennando al saluto col gomito, come si fa nell'era del Covid.

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