"Si chiama come uno stupratore". Così Francesco perde il lavoro

Una guardia giurata di Prato ha perso il lavoro per un caso di omonimia: la sua unica "colpa" è di avere lo stesso nome di un indagato per violenza sessuale

Il tribunale di Prato
Il tribunale di Prato

Un calvario sorto per un semplice caso di omonimia e (secondo il diretto interessato) a causa della malafede dei colleghi. La sua "colpa"? Avere lo stesso nome e lo stesso cognome e condividere persino la stessa professione di un presunto stupratore. È la storia di Francesco Rossi, una guardia giurata di Prato che ha perso il lavoro proprio per questo motivo.

Stando a quanto riporta il quotidiano La Nazione infatti, l'uomo è stato scambiato per un’altra persona: quest'ultima è un indagata per la torbida inchiesta su Matteo Valdambrini, il giovane di Montemurlo (un Comune della provincia pratese, in Toscana) condannato per violenza sessuale su alcuni ragazzini. E Rossi ha così deciso di querelare alcuni ex-colleghi colpevoli, secondo lui, di averlo messo in cattiva luce di fronte ai clienti. In che modo? Lo avrebbero fatto passare ai loro occhi proprio per l’"altro" Francesco Rossi, anche lui guardia giurata oltretutto, che (secondo la procura di Firenze) avrebbe approfittato di una ragazzina di sedici anni. E in una delle ultime udienze di quel processo a carico di Valdambrini, il giudice aveva inviato gli atti della deposizione della ragazzina al procuratore per ulteriori accertamenti sull'omonimo.

"Purtroppo il mio è un nome molto comune – ha detto il quarantasettenne – il caso ha voluto che anche io faccessi il vigilantes, proprio come quest’uomo che è stato indagato per violenza sessuale. Gli articoli di giornale hanno cominciato a circolare e io sono stato additato come il ’mostro’, il ’pervertito’. Ma non sono io. Sono convito che qualche collega abbia intenzionalmente messo in giro la voce secondo cui "quel "Francesco Rossi sarei io". A causa della situazione creatasi, è stato costretto a lasciare il proprio impiego.

E mosso dalla convinzione che siano stati i colleghi a dare inizio all'equivoco, si è rivolto ad un legale per sporgere querela. "Negli ultimi tempi in cui lavoravo, alcuni clienti mi chiedevano se fossi io quello indagato per violenza sessuale – ha chiosato Rossi – una vergogna. Inutile dire che io non c’entravo nulla: mi guardavano tutti con sospetto, nessuno mi voleva credere perché era stata messa in giro la voce che quel Francesco Rossi fossi io".

Rossi chiede soltanto che venga fatta chiarezza, per poter ricominciare scrollandosi di dosso una colpa che non ha. Uno scambio di persona che gli ha rovinato la vita, in attesa che la giustizia faccia il proprio corso.

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