Cronache

Prendevano il reddito di cittadinanza ma sono milionari: denunciati 11 sinti

Percepivano il reddito di cittadinanza, ma in realtà grazie alle truffe informatiche delle quali erano maestri conducevano una vita da nababbi, fra ville ed auto di lusso

Prendevano il reddito di cittadinanza ma sono milionari: denunciati 11 sinti

Risultavano in difficoltà economiche, tanto da percepire il reddito di cittadinanza. In realtà vivevano da milionari, fra ville ed auto di lusso acquistate con i proventi delle truffe online da loro stessi perpetrate. Protagonisti della vicenda sono undici persone di etnia sinti ed età compresa fra i trentacinque e i quarant'anni, imparentati fra loro e residenti fra Toscana, Liguria, Friuli Venezia Giulia e Veneto. Adesso dovranno rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla truffa.

Già, perché secondo la polizia postale ligure, che ha condotto l'operazione, si tratterebbe di un'organizzazione capace di mettere a segno "colpi informatici" da milioni di euro. Soldi grazie ai quali si sarebbero tolti ogni sfizio: Lamborghini, Porsche, Range Rover, orologi di pregio, abitazioni sfarzose. Il tutto risultando quasi nullatenenti, visto che avevano fatto richiesta per accedere al sussidio ed era stato loro accordato. Sono state effettuate perquisizioni ad Altopascio (in provincia di Lucca) Chions e Cordenons (in provincia di Pordenone) ed Annone Veneto (nei pressi di Venezia) ma gli inquirenti avrebbero già individuato il modus operandi della gang.

Le indagini sono partite quando gli agenti liguri notarono coppia che si occupava di ritirare spesso, presso gli sportelli di istituti di credito dell’Alta Toscana e dello spezzino, quel che poi è risultato essere il ricavato dell’attività criminale di una banda più articolata (dove ognuno dei sinti coinvolti aveva un compito ben preciso). In particolare, l'accusa è che alcuni si occupassero di agganciare le vittime direttamente dalle proprie abitazioni, situate in Veneto e Friuli Venezia Giulia. Dopo aver selezionato gli annunci di vendita presenti sulle varie piattaforme di commercio on line, contattavano i venditori, fingendosi interessati all’acquisto della merce e desiderosi di effettuare il pagamento nel più breve tempo possibile.

Facendo leva sulla fretta, convincevano la vittima a recarsi ad uno sportello automatico per ricevere l’accredito della somma pattuita direttamente sulla propria carta di credito. Solo che, sfruttando la non perfetta conoscenza degli strumenti bancari dei malcapitati, il truffatore forniva loro istruzioni e istruzioni grazie ai quali, invece di ricevere il pagamento sul proprio conto, ricaricavano a loro insaputa una carta di pagamento nella disponibilità del sodalizio criminale. E le somme venivano poi ritirate in Toscana, da altri membri del gruppo, sfruttando il legame fiduciario basato sulla parentela.

Stando agli investigatori, i sinti avevano predisposto un sistema di comunicazione incentrato su conversazioni crittografate su Telegram, per garantirsi l'anonimato.

E le rispettive case erano protette da recinzioni e telecamere di videosorveglianza.

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