I bambini di Bibbiano

Il sistema Bibbiano esiste e a dirlo sono gli indagati, spuntano le intercettazioni choc

Le prove in mano agli investigatori continuano a far emergere fatti sconcertanti che condiscono di terribili verità lo scandalo sugli affidi illeciti

Il sistema Bibbiano esiste e a dirlo sono gli indagati, spuntano le intercettazioni choc

A poche settimane dalla chiusura delle indagini della procura di Reggio Emilia sull’inchiesta "Angeli e Demoni", le prove in mano agli investigatori continuano a far emergere fatti sconcertanti che condiscono di terribili verità lo scandalo di Bibbiano sugli affidi illeciti.

Dai cellulari degli indagati emergono conversazioni tra gli operatori dei servizi sociali della Val D’Enza che confermano il modus operandi utilizzato da Federica Anghinolfi e, di conseguenza, dai suoi dipendenti, per riuscire a strappare i bambini dalle proprie famiglie d’origine attraverso false storie dell’orrore. Dettagli fondamentali, riguardanti la situazione dei bambini presi in affido dai servizi, taciuti ai giudici al solo scopo di riuscire a portare via il piccolo da casa. Poco importava se la verità presentata in aula di tribunale fosse parziale. Meno ancora interessava che a rimetterci sia proprio il minore. Il giudice non veniva messo nella condizione di fare il proprio mestiere. I legali si trovavano davanti agli occhi storie manomesse e situazioni tragiche create ad arte.

“Io lascio intendere(...) comunque il quadro è grave, piccola antisociale cresce”, scriveva la psicologa Imelda Bonaretti, ora indagata, alla capa dei servizi sociali a proposito di una revoca di un provvedimento di allontanamento di un minore, che si voleva scongiurare. “Ma quel giudice è molto tonto. Non intende. Forse una spiegazione tecnica sarebbe auspicabile. Sai tipo quelle relazioni da ctu”, ironizzava Anghinolfi. Nessun problema. Per la psicologa bastava calcare la mano sul racconto: “Eh, magari provo a rendere più esplicita quella frase”. Siamo nel 2015 e, nello stesso anno, spunta un’altra conversazione agghiacciante tra le due colleghe. “Ohi Fede... però chi glielo dice al giudice che il bambino lo mandiamo all'ex brigatista? Io non mi attento a dirlo", chiedeva Bonaretti. Le due donne avrebbero voluto omettere un dettaglio così fondamentale, che forse, avrebbe potuto fermare l’affido. Ma, per Federica Anghinolfi non c’era da preoccuparsi. Nessuno avrebbe mai saputo niente. “Mica lo sa. E la pena l' ha scontata”.

Ma c’è di più. Dai telefoni degli indagati - come riporta Libero - si palesano sorte di deliri su convinzioni illogiche e mai provate. “Fuori tutto si sta sgretolando per lasciare spazio alla nuova luce che dentro e fuori di noi già si intravede”, scriveva Federica Anghinolfi nel luglio del 2017, ad una dirigente del Comune di Bibbiano, “Affinché tutto questo non crei problemi bisogna andare a scuola di silenzio e di stand by... permettete alla vostra terra interna di accogliere il fuoco della trasformazione nella calma più totale... (...) Ho interrotto il mio silenzio perché mi sembrava giusto informarvi dell'ingresso della terra yin cosa che ho sempre fatto…”. I pilastri del sistema illecito andavano avanti con la convinzione che esistesse una sorta di setta di pedofili che compievano riti satanici da cui i bambini dovevano essere liberati. La stessa setta che, secondo i racconti dei testimoni, Anghinolfi avrebbe additato come colpevole del rapimento e dell’uccisione del piccolo Tommaso Onofri, nel marzo del 2006. Convinzione a cui, non è mai stato trovato riscontro.

Ma non era solo questa invenzione a spingere Anghinolfi, Monopoli, Foti e tutti gli altri a perseverare. Loro, erano convinti di poter trovare vittime di pedofilia in qualsiasi famiglia. Da una chat emerge che Anghinolfi si diceva “preoccupata per il fenomeno dilagante della pedofilia”. In risposta la dirigente si dimostrava d’accordo con lei: “Forse è sempre stato cosi. Sai quanti abusi escono nelle costellazioni?”. Per trovare l’abuso inesistente nelle piccole vittime del sistema, secondo la dirigente dei servizi sociali era meglio assumere assistenti sociali vittime a loro volta di abusi sessuali. “Cosa ne dici - scriveva Anghinolfi - se nel titolo mettiamo ad esempio... assistente sociale di 35 anni abusata sessualmente dallo zio in età infantile, i genitori non le hanno creduto? Risposta: “Mi sa molto hard... in due ore non ce la si fa (...) Tu vuoi infilare la parte psicologica personale dentro la professione. (...) Ma secondo me dovremmo metterla giù diversa”.

Intanto i loro dipendenti andavano avanti, proni al gioco illecito e vittime del ricatto celato dei capi. Le loro conversazioni telefoniche svelano l’esistenza del sistema Bibbiano. Un groviglio di ingiustizie che persino loro, tremavano all’idea che venisse scoperto. A dirlo sono le intercettazioni riportate da La Verità. A novembre del 2018, dopo lo scoppio dell’inchiesta Veleno, sugli affidi illeciti in Val D’enza raccontata nel podcast di Pablo Trincia, un’assistente sociale scrive in chat: “Io ho concluso il pomeriggio con M. che mi chiama per dirmi di leggere Il Resto del Carlino, dove c’è scritto che hanno arrestato tutti quelli dei servizi, e che noi saremo i prossimi, e che tra l’altro sono anche i servizi delle mie parti, Carpi, Correggio…". Non tarda la risposta di un’altra assistente sociale: “Comunque io rabbrividisco al pensiero che possano riaprire il processo o comunque un altro filone su quei fatti” che poi, continua: “E rabbrividisco ancora di più se penso al boomerang che tutto questo come operatori dei servizi provocherà, anzi che sta già provocando... Tra l’altro spulciando su Internet, spero di sbagliarmi, ma avevo letto che in quella brutta storia era intervenuta come perito o non so cosa una dottoressa che scopri scopri... è la moglie di Foti!”.

Parlando di Federica Anghinolfi e Francesco Monopoli, le assistenti sociali palesano l’esistenza di un sistema marcio e che rischia di esplodere e mettere tutti spalle al muro. “Hanno messo in piedi un sistema che per cambiare dovrà esplodere e lasciare morti e feriti sulla strada. La Federica per prima, ma subito dopo ci siamo noi”. Scrive una delle operatrici. Tutti iniziavano a rendersi conto della gravità della cosa e un’altra collega risponde: “Si è alimentata un’idea onnipotente del nostro servizio e questa cosa ha coperto tanti ragionamenti, anche a me per prima”.

Poi, nelle intercettazioni, la conferma delle pressioni psicologiche dei capi sugli operatori. “Il fatto che non si venga mai ascoltati quando si dice di tirare il freno, venendo etichettati come negazionisti, è una manipolazione terribile”. Nel parlare di Anghinolfi e Monopoli gli assistenti danno il via a descrizioni agghiaccianti, stilando profili di soggetti invasati, psicopatici e manipolatori.

Talmente invasati da aver rovinato la vita di decine di bambini innocenti: “Che si sia dato fastidio a qualcuno è indubbio con tutti questi allontanamenti”.

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