Coronavirus

Call center chiede controlli sui certificati: troppi malati

Una società di call center ha fatto un esposto all’Ordine dei Medici. Troppi dipendenti a casa in malattia con certificato medico

Call center chiede controlli sui certificati: troppi malati

Tanti, troppi i dipendenti a casa in malattia, tanto da portare una società di call center a richiedere controlli a tappeto sui certificati emessi dai medici. Come riportato da il Giorno, la sede milanese della società Almaviva avrebbe fatto un esposto all’Ordine dei Medici richiedendo un controllo approfondito, in modo da adottare poi eventuali provvedimenti. Questo perché è stato registrato un numero alquanto alto di dipendenti in malattia proprio nel periodo di diffusione del Covid-19. L’esposto è stato corredato da tutti i nomi e cognomi dei medici che hanno firmato i certificati, con il sospetto che non siano veritieri.

Call center e reception lavorano regolarmente

Questa iniziativa ha scatenato il disappunto dei lavoratori, in un momento in cui vi è una grave epidemia in atto. I call center infatti hanno continuato a lavorare regolarmente, così come molte reception in Lombardia, nonostante le ditte siano di fatto chiuse e i dipendenti stiano lavorato da casa in smart working.

Ma ci sono alcune categorie che non possono neanche permettersi di avere paura di spostarsi sui mezzi pubblici per raggiungere il proprio posto di lavoro. E lo fanno, si costringono a farsi coraggio, perché di restare senza un impiego non se lo possono permettere. La società ha riscontrato un notevole aumento di lavoratori risultati in malattia soprattutto in seguito alla chiusura delle scuole.

L'esposto della società

Come si legge nell’esposto che la sede milanese ha fatto all’Ordine dei Medici, “ha ricevuto un numero cospicuo di certificati medici” , ritenuto dalla società anomalo, anche perché riguardante soggetti che non risiedono in aree a rischio epidemiologico e poste in quarantena, quindi la prima zona rossa nella provincia di Lodi. La richiesta inviata all’Ordine è quella di svolgere un controllo “affinché vengano rigorosamente rispettate le normative vigenti”. L’azienda ha poi sottolineato di essere impegnata in servizi pubblici essenziali molto sensibili nell’attuale contesto.

Su internet tale provvedimento preso è stato definito una intimidazione e un atto irresponsabile e moralmente discutibile”. Niente smart working quindi per i dipendenti che ne avevano fatto richiesta, e che, perciò, continuano a lavorare in sede. Lunedì scorso, 9 marzo, i dipendenti ex Ilva, assunti da Ancelor Mittal, avevano intrapreso uno sciopero di due ore proprio per avere la possibilità di continuare l’attività lavorativa da casa.

Per Gambardelli le attività vanno subito sospese

Christian Gambarelli, segretario generale della Fim Cisl, ha sottolineato che “le attività che non si possono svolgere in smart working vanno subito sospese”. Sembra che però questo non venga preso in considerazione da molte aziende.

Fonti certe assicurano che molte reception a Milano sono regolarmente aperte, raggiunte dai lavoratori con i mezzi pubblici, combattuti tra la paura di un contagio e quella di restare senza lavoro da un giorno all’altro.

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