«Scusate, dov'è la sala stampa? In fondo sulla destra, dopo i bagni biologici». Eh certo, i grillini dove potevano sistemare i giornalisti se non accanto a una lunga fila di latrine in plastica blu? Non è un caso ma diabolica perfidia, perché in questa «Italia a Cinque Stelle» tutto è uno specchio di quello che sarebbe il Paese se governassero i seguaci di Beppe Grillo. E l'informazione, ovviamente, finisce nel cesso.
Non per nulla il comico prima di fare un passo di lato e passare lo scettro a Luigi Di Maio non ha smesso di avvelenare i pozzi. Due giorni fa aveva detto ai giornalisti: «Non vi vergognate? Vorrei mangiarvi solo per il gusto di vomitarvi». Dal pensiero all'azione. Le sue parole hanno velocemente smesso di far ridere e sono diventate fatti, quando i pretoriani del Movimento hanno accerchiato e strattonato una troupe della Rai, colpevole di aver cercato di intercettare Virginia Raggi. È la rabbia per la rabbia. Fine a se stessa. Nella piatta calura romagnola tira un venticello di vendetta, un refolo giacobino che vorrebbe far calare la ghigliottina e veder rotolare un po' di teste. E i giornalisti, nella logica grillina, sono la cosa più vicina al potere. Come se, affetti da presbiopia, non riuscissero a scorgere nello specchio che il potere adesso sono loro, con i loro deputati, i loro sindaci e i loro consiglieri.
«Noi intasiamo i blog voi le carceri», minaccia un cartello. E non si sa né chi sia il noi né il voi. Ma poco conta. Qui tutti vorrebbero farla finita e chiudere in gattabuia qualcuno. Chi? Non si sa. Un nemico che è tutti e nessuno.
Ma l'Italia a Cinque Stelle è anche il gigantesco selfie di gruppo dei grillini. Rigorosamente taroccato con Photoshop. Un grande maquillage all'aria aperta. Il tentativo maldestro di camuffare un cambiamento che viene via al primo colpo di salvietta struccante.
Per entrare bisogna farsi mettere al polso un braccialetto con un codice a barre, e poi un addetto alla sicurezza legge il codice con un lettore laser. E ci si sente un po' delle mozzarelle alla cassa dell'Esselunga oppure, peggio, come in quei video allucinati nei quali Casaleggio profetizzava un futuro in cui gli uomini sono solo dei numeri divorati e sputati dalle macchine.
Il palco da megaconcerto troneggia al termine di una spianata di sassi arroventati dal sole. Ma i grillini se ne fregano del caldo e della polvere, trottano tra un gazebo e l'altro, agguantano gadget, possibilmente magliette che vaffanculino (come da tradizione) qualcuno. Fino a qualche anno fa questo sarebbe stato un Vaffa Day, ora è piuttosto un «toc toc, permesso, ci fate entrare?» rivolto a quella casta che prima volevano spedire nel posto innominabile. Dalla chioma arruffata di Grillo a quella scolpita e immota di Di Maio. Ma sotto la lacca si agitano le solite teste calde insofferenti a critiche e informazione.
Nel Park Rock di Rimini tutte le ossessioni dei grillini prendono forma, corpo e sostanza in cartelli, striscioni e persino nella costruzione di questa cittadella che, come un temporary shop, tra poche ore svanirà nel nulla. Dal reale tornerà al digitale. I gazebo sono delle scatolette di tonno - quelle che mitologicamente volevano sventrare - suddivise per istituzioni. L'anti casta che si fa casta. C'è il padiglione dedicato al Senato, quello alla Camera, la zona dedicata alle amministrazioni locali e pure quello alla (ora meno odiata) Unione Europea. All'interno, in un clima subtropicale amplificato dalla plastica dei tendoni, dibattiti monocorde che divertono come il cineforum su un film anni Ottanta di Nanni Moretti. Discussioni infinite e a microfono aperto, questioni minimali trasformate in cause prioritarie per i destini del mondo. Ogni tanto il torpore viene interrotto da un oratore sovreccitato che conciona contro qualche istituzione e smaschera qualche complotto.
Cala la notte sulla sterrata grillina, ma le truppe impolverate e stanche non vogliono sciamare via.
Sul palco si avvicendano Grillo, alcuni musicisti e varie maschere del sottopotere a Cinque Stelle. Poi arriva il candidato premier e più che la ciliegina sulla torta sembra una camomilla che cerca di mettere una pezza su una cena indigesta. In cielo non brilla neppure una stella. Sul palco neppure.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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