"La droga non c'entra". Il giallo dietro l'agguato di Pescara: cosa facevano le vittime

Diverse le ipotesi al vaglio degli inquirenti sui motivi dell'imboscata. Luca in passato ha avuto problemi con la giustizia

"La droga non c'entra". Il giallo dietro l'agguato di Pescara: cosa facevano le vittime

È in apprensione per il figlio che lotta tra la vita e la morte dopo la sparatoria dell’altro giorno a Pescara. Dario Cavallito, 80 anni, padre dell’ex calciatore Luca, ferito in maniera grave nell’imboscata di lunedì scorso non si dà pace. Il suo ragazzo non ha avuto la stessa sorte dell’amico seduto al bar del parco, deceduto sotto i colpi di pistola dell’attentatore, ma è in condizioni disperate. Il genitore di Luca, anch’egli con un passato da giocatore di calcio, nella Juventus di Omar Sivori, ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera. “Mio figlio e Walter Albi (l’uomo che ha perso la vita nell’agguato, ndr) – ha detto Cavallito – erano molto amici. Insieme volevano aprire un albergo nella zona del porto turistico, erano già a posto con le licenze, aspettavano che arrivasse il finanziamento”.

Lunedì, con molta probabilità, erano in quel locale per discutere del programma di apertura della struttura ricettiva, prima che sopraggiungesse il killer. L’anziano papà di Luca non esclude che i due imprenditori abbiano pestato i piedi a qualcuno. “E chi lo sa – ha continuato – ormai un pazzo qualunque può assoldare un killer con mille euro e far uccidere chi vuole, anche per un piccolo sgarbo. Ma, comunque, Luca ha sempre avuto un sacco di amici, è un ragazzo buono come il pane”. Il passato di Cavallito junior, però, non è così limpido. Una decina di anni fa, il calciatore fu beccato dai carabinieri con duecento panetti di hashish in una macchina, insieme con una banda criminale di Cerignola.

“Allora sbagliò per aiutarmi – ha confermato il padre – poiché mi trovavo in pieno dissesto economico. Dopo il crollo delle Torri Gemelle del 2001, infatti, avevo perso tutti i soldi che avevo investito sui mercati. Ma è stato un episodio isolato, successivamente ha filato sempre dritto, dopo aver pagato il suo debito con la giustizia”. Luca è sposato e ha un figlio di 17 anni e si occupa di compravendita di auto d’epoca. Prima della pandemia la famiglia gestiva anche un ristorante, chiuso dopo il lockdown.

Dario Cavallito allontana anche l’ipotesi di una ritorsione per questione di donne. “Si può mai pensare di ammazzare una persona – ha sottolineato –per un motivo del genere? Purtroppo sono tutte ipotesi, l’unica realtà è che mio figlio rischia di morire”.

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