Lo specchio del pallone

Azzurro tenebra, di sabbia e petrolio. L'Arabia si sta comprando il nostro immaginario

Lo specchio del pallone
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Azzurro tenebra, di sabbia e petrolio. L'Arabia si sta comprando il nostro immaginario. Non si sa ancora cosa abbia davvero spinto Roberto Mancini a lasciare la nazionale, in questa strana fuga di ferragosto, con un colpo di tacco inatteso, spiazzante, come quelli che illuminavano il campo. Le ragioni le conosce solo lui, magari così profonde da toccare i confini della morte. C'è però questa voce, qualcosa più di una chiacchiera, che si rincorre e rimbalza e trova sponde di qua e di là: Riad lo vuole come commissario tecnico. La trattativa c'è e va avanti da un po'. Il Mancio non ha ancora detto sì. Non è scritto che lo faccia. L'unica cosa certa è che adesso è libero. Non ha più nulla di azzurro a cui pensare. Il futuro può essere tranquillamente bianco e verde, così ricco da non riuscire a contarlo. Non ci sarebbe nulla di cui vergognarsi, nulla da nascondere. I soldi non hanno odore.

È proprio l'odore del pallone che invece sta cambiando e questo va ben oltre gli orizzonti di Roberto. È chiaro, uno potrebbe anche fregarsene. La Lega saudita fa collezione di figurine e porta capitali in Europa. Il calcio in fondo assomiglia sempre di più a Fifa, il videogame. È l'oppio dei popoli. È Cina e Arabia che tirano il pallone per dire al mondo che i tempi stanno cambiando. Il messaggio è semplice: qui da noi puoi avere tutto quello che c'è in Occidente. Tranne la libertà, ma quella è un'illusione. Il mondo è solo un teatro. Il calcio è rappresentazione. È così che un pezzo alla volta l'immaginario diventa globale. L'apparenza ti dice che ogni mondo è paese. La differenza è nel costo dello spettacolo: lo faccio più grande e più bello.

C'è quasi il dubbio che alla fine l'Occidente abbia vinto. Il suo immaginario è di tutti. Sembra non ci sia più nessuno così rabbioso e avvelenato da buttare giù le torri. Adesso le torri se le comprano. Non c'è nulla, di sacro o di profano, che non sia in vendita. Perfino Dio, per fortuna, si distrae allo stadio e non si accorge che Cristiano Ronaldo si è fatto il segno della croce dopo il gol. Lo vedono i suoi profeti, ma si rassegnano a non stracciarsi le vesti. Il campo di calcio è altrove. Non esiste.

Allora purtroppo è questa la realtà. Tutti facciamo finta di non vedere l'illusione globale. L'Arabia si compra l'immaginario, ma calpesta i diritti umani di ogni individuo. Ti perseguita per le tue idee, per le tue scelte, per la tua fede, per chi ami e come ami, per quello che mangi e per quello che bevi. Non ci sono sindacati. Non c'è dignità del lavoro e se dai troppo fastidio ti ammazzano in una ambasciata.

Il paradosso è che in questo mondo globale gli indignati, quelli che sputano sulle miserie dell'Occidente, sono parecchio strabici. Sono i primi a cui piace un pallone che rotola nel petrolio, convinti con il più mancino dei tiri che in fondo sia solo un Super Santos.

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