Cronache

"Una spinta, poi si è alzato": tutte le bugie di chi massacrò Willy

Inizio del processo il prossimo 10 giugno. Gli imputati rischiano l’ergastolo

"Una spinta, poi si è alzato": tutte le bugie di chi massacrò Willy

Molte le bugie e le contraddizioni di chi massacrò a calci e pugni il 21enne di origini capoverdiane, Willy Monteiro Duarte, lo scorso 6 settembre a Colleferro. Mancano solo una ventina di giorni al processo e tutto il castello che i fratelli Bianchi, Marco e Gabriele, hanno costruito su depistaggi e falsità, sta per sgretolarsi, e adesso rischiano l’ergastolo. Si inizia con la denuncia di uno dei ragazzi arrestati quella tragica notte, Francesco Belleggia, secondo il quale i due fratelli, esperti di arti marziali, avrebbero mentito spudoratamente nel tentativo di scaricare le loro colpe su altri. Poi ci sono tutte le altre carte che compongono il fragile castello, che Repubblica ha ricostruito leggendo gli atti processuali.

Con la mente si torna a quella notte di fine estate, quando Willy è stato massacrato di botte solo per essersi messo in mezzo e aver difeso un amico, Samuele Cenciarelli. Ucciso senza un motivo, forse solo per gioco o rabbia, da chi sapeva come usare mani e gambe al pari di armi letali. Il Belleggia, nella sua denuncia ha asserito che i tre amici dei Bianchi, Michele Cerquozzi, Omar Sahbani e Vittorio Tondinelli, hanno mentito sia ai carabinieri che al pubblico ministero Luigi Paoletti dicendo che anche lui aveva colpito il ragazzo. Il gip fin da subito non era apparso molto convinto e aveva manifestato i suoi dubbi in proposito. Su questo toccherà alla Procura di Velletri fare luce, con un altro procedimento aperto.

Quali bugie hanno raccontato

Ma sono tante, troppe le incongruenze e le falsità raccontate dal 6 settembre fino a questo momento. Per la morte del 21enne, che era cresciuto e viveva a Paliano, in provincia di Frosinone, sono stati fermati, accusati di omicidio preterintenzionale, i fratelli Marco e Gabriele, soprannominati i gemelli per la loro spiccata somiglianza fisica. Due campioni di arti marziali, in particolare della MMA. Con loro sono stati arrestati anche Mario Pincarelli e Francesco Belleggia, quest’ultimo appassionato di karate. Tutti di età compresa tra i 22 e i 26 anni, tutti di Artena, comune in provincia di Roma.

Quella tragica notte, con due comitive differenti, avevano raggiunto la movida di Colleferro. I gemelli e Tondinelli si erano poi allontanati e si erano recati vicino al cimitero dove avevano fatto sesso con tre ragazze. Gli altri due invece, Belleggia e Pincarelli, erano rimasti e avevano iniziato a discutere animatamente con alcuni ragazzi di Colleferro. A quel punto erano stati richiamati i fratelli Bianchi che, giunti sul posto hanno massacrato di botte il povero Willy, che non aveva attaccato briga con nessuno, ma stava solo cercando di difendere un amico.

La prima bugia

Dopo essere stati fermati, i fratelli Bianchi erano stati interrogati dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di velletri, Giuseppe Boccarrato, e fin da subito avevano cercato di scagionarsi. Marco aveva detto di aver solo spinto la vittima:"Io ho spinto Willy perché stava discutendo in gruppo, poi mi sono allontanato. Non ho dato nessun colpo e lo stesso Pincarelli e Belleggia. Willy è caduto con la mia spinta, ma lui si è alzato e poi sono andato via". Anche Gabriele aveva detto più o meno la stessa cosa, sostenendo di aver solo spinto l’amico del 21enne e che poi erano arrivati Pincarelli e Belleggia, “loro c'erano quando Willy è caduto in ginocchio. C'erano tante persone e non ho visto chi ha colpito Willy". Pincarelli aveva poi esagerato asserendo che i due fratelli non avevano proprio toccato nessuno, mentre Belleggia stava invece discutendo con alcune persone.

Peccato però che ci siano delle altre testimonianze in netto contrasto con quanto da loro raccontato. Belleggia fu l’unico a dire che furono i due fratelli a colpire sia Willy che il suo amico. Prima di rispondere alle parole del gip, il ragazzo ammette di aver paura delle conseguenze che possono creargli le sue dichiarazioni. Dopo poco però ha descritto quantoavvenuto davanti ai suoi occhi: "Marco va subito diretto a Willy e gli tira un calcio frontale qui sul petto, Willy sbatte contro la macchina, gli rivà contro". E ancora: "Gabriele invece mena quell'altro amico suo, gli tirano tutti cazzotti e da lì si crea tutta una ammucchiata".

Willy non c’entrava niente

Il supertestimone ha quindi continuato raccontando che i fratelli si sono accaniti contro il 21enne che non c’entrava nulla. "Parlando dopo con gli altri ragazzi ho sentito che Mario Pincarelli dopo che stava a terra gli ha sferrato tutti colpi addosso". In ultimo, Belleggia ha anche ammesso di essere stato redarguito dai Bianchi sul fatto di non fare il loro nome qualora fosse stato interrogato dai carabinieri. "Loro sono un po' così, cioè come posso dì, hanno detto dite che... sennò annamo a finì in mezzo ai guai, però come, cioè... ognuno... io me guardo la vita mia. E penso a ventitré anni a brucià na vita pe colpa de altri non me pare proprio il caso" ha aggiunto.

Il silenzio dei Bianchi e la minaccia

Dopo 5 mesi di indagini, ai quattro imputati viene contestato il reato di omicidio volontario. A quel punto i due fratelli decidono di non aprire bocca davanti al gip, mentre Pincarelli fa qualche passo indietro, affermando di essere stato spinto e di essere caduto per terra insieme a Willy. Del resto, ha anche detto di non aver nessun rapporto con i Bianchi e di essere solo amico di belleggia. Ha parlato solo di uno schiaffo dato al 21enne, ma con quello non si uccide nessuno, ha tenuto a sottolineare. Ha poi raccontato del faccia a faccia tra Belleggia e i fratelli, avvenuto poco prima dell’arrivo dei militari, che lo avevano invitato ad assumersi le proprie responsabilità. Secondo Belleggia però si era trattato di una vera e propria minaccia nei suoi confronti: "Gabriele ha avuto anche una reazione contro di me. In cui mi scaglia anche delle minacce, dicendo al fratello che appena mi sarei tolto il gesso mi sarebbe venuto lui a cercare personalmente".

Il 10 giugno inizia il processo

Tra una ventina di giorni inizierà il processo davanti alla Corte d'Assise del Tribunale di Frosinone. Ci sarà battaglia tra accusa e difesa che intende sollevare una questione di legittimità costituzionale.

Di certo, c’è solo che gli imputati rischiano l’ergastolo e i loro legali faranno di tutto per evitarlo.

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