Cronache

La storia di Mara, 62enne di Latina guarita dal coronavirus

La storia di Mara, una combattiva impiegata dell'Inps che a 62 anni si è ammalata di coronavirus. La sua battaglia, combattuta all'interno del Reparto Infettivi del Santa Maria Goretti di Latina

Mara Roversi all'uscita dell'ospedale dopo 23 giorni di ricovero
Mara Roversi all'uscita dell'ospedale dopo 23 giorni di ricovero

La storia di Mara, 62enne impiegata dell'Inps di Latina malata di coronavirus raccontata dal figlio Daniele che, durante i durissimi giorni che hanno visto la mamma ricoverata pensava di non poterla più vedere. E invece, il 30 di marzo un post liberatorio compare sul suo profilo Facebook: "La mia mamma, la mia fortissima mamma è stata dimessa dall'ospedale dopo 23 giorni di ricovero. Dopo 23 giorni di respiratore e di tubi. E ora me la riporto a casa!".

Tutto comincia il 21 febbraio, quando la donna si reca al XIV Convegno degli Apostoli della Divina Misericordia ad Assisi partendo da Latina ed effettuando un viaggio in pullman. Viaggio che, secondo il figlio Daniele, era particolarmente pesante e stancante per la madre tendendosi a stancare facilmente. Tre giorni ad Assisi e poi il ritorno a Latina, domenica 23 febbraio. Il lunedì Mara, sapendo che avrebbe sofferto la stanchezza del viaggio appena compiuto l'aveva preso di riposo. Si sentiva spossata: "Ma era abbastanza normale. Mia mamma da un brutto incidente motociclistico con mio padre nel 2006 aveva da sempre avuto problemi di salute. Quindi era normale che fosse stanca dal viaggio" spiega Daniele. La 62enne però, nonostante il lunedì di riposo, martedì 25 febbraio si sente ancora troppo stanca per tornare a lavoro: "Mia mamma lavora al quarto piano dell'Inps, doveva tornare a lavoro ma proprio non ce l'ha fatta. Io continuavo a dirle che forse si era stancata troppo durante il viaggio. Il coronavirus in quel periodo, specie nel territorio di Latina, era una bestia sconosciuta. Se ne parlava ma come se fosse un'influenza più forte, quindi a tutto avrei pensato fuorché mamma si fosse ammalata". La settimana finisce, arriva a venerdì e la signora Mara si sente distrutta anche per lo sforzo di andare a lavorare. È stanchissima così viene contattato il medico di famiglia: "Mamma, non sarà che ti sei presa un'influenza pesante e forse sarà il caso di chiamare il medico?". La temperatura corporea della donna oscilla tra i 38 e i 38.5. La cura antibiotica non ha gli effetti sortiti, e sabato 7 marzo Daniele decide di portare la mamma in ospedale, così madre e figlio concordano di recarsi in ospedale la domenica mattina.

"Domenica mattina mi alzo", dice Daniele "E vado a vedere subito come sta mamma. Mi ha detto che stava meglio e che non necessitava di andare in ospedale. Chiaramente, avendola vista due settimane in cui stava peggiorando ed era sempre più stanca e spossata l'ho presa di forza e portata in ospedale senza che lei potesse opporre resistenza". Durante il viaggio in macchina verso l'ospedale di Latina, il Santa Maria Goretti, Daniele pensa: "Vuoi vedere che con la fortuna che abbiamo mia mamma si è beccata il coronavirus​?".

"Arriviamo davanti il Santa Maria Goretti e vedo alcune tende allestite all'esterno. Diretti verso il pronto soccorso vengo fermato da un infermiere che mi chiede quale fosse il problema. Gli spiego la situazione e successivamente mia mamma è stata ricoverata e le sono state fatte alcune analisi. Da lì il buio". Inizia il lungo percorso di Mara per guarire dal coronavirus; non senza problemi e senza sforzi. Daniele durante tutto quel giorno si scrive e si chiama con la mamma, non può vederla perché stanno facendo test e analisi su Mara. I medici dopo un paio di esami decidono quindi di ricoverarla immediatamente.

Si aprivano per Mara le porte del Reparto Infettivi del Santa Maria Goretti di Latina, in cui è stata tenuta per 23 giorni. Tac ai polmoni, nulla da segnalare: "E lì mi sono spaventato. Ho iniziato subito a pensare al tumore. Ci siamo, dobbiamo affrontare nuovamente il tumore", spiega Daniele tornando a ricordare il papà, il dottor Salvatore Di Leo scomparso di tumore nel 2012: "Ho pensato, spero vivamente che sia il coronavirus e non il tumore". Dopo un paio di giorni decidono di fare il tampone alla donna: positivo, Mara ha il Covid-19. Daniele viene chiamato per il tampone, risulta negativo ad entrambi i test nonostante abbia trascorso due settimane con la mamma infetta in casa: "Non lo so perché. Saranno tutte queste vitamine che prendo oppure perché non ci voleva il virus per farmi lavare le mani. Comunque, dopo due settimane passate con mia mamma non sono infetto. E considerare che il sabato sette marzo ero anche uscito dopo due settimane in cui mi ero diviso soltanto tra lavoro e casa, avendo mamma ridotta in quelle condizioni. Quindi, immagina se fossi stato infetto cosa avrei potuto sprigionare". La signora Mara viene quindi attaccata ad un respiratore e ci rimarrà per molto tempo. Daniele inizia a sentirla solo tramite messaggio visto che non può parlare a causa di "Quell'aggeggio". Nel frattempo in Italia si stavano diffondendo le ultime notizie su quel terribile virus, la 62enne ricoverata si sentiva sempre peggio e non accennava a migliorava. E mentre tutto era buio un messaggio sullo schermo di Daniele: "Daniele, c'è una nuova cura che i dottori vogliono propormi. Che dici? È per curare l'artrite. È il Tocilizumab, accetto?". La risposta del figlio è chiaramente positiva, le spiega che occorre provare tutto. Il messaggio di testo su Whatsapp porta la data del 15 marzo, avrebbe iniziato la cura lo stesso giorno.

"Il 19 marzo mia mamma ha tolto il respiratore. Quello scafandro non avrebbe più ingombrato il suo letto. Continua cure respiratorie, tutt'ora nonostante sia uscita e guarita deve continuare a controllare il respiro. Potevo nuovamente parlarle per telefono, nonostante chiaramente non mi potessi recare a visitarla. Il 23 marzo muore di coronavirus un suo collega".

Il 30 marzo la chiamata: "Daniele, puoi venire a prendermi! Posso uscire". Daniele, ragazzo molto conosciuto nella cittadina di Latina per essersi lanciato in alcuni progetti e attività imprenditoriali, spiega che molto spesso le persone non rispettano le disposizioni del governo: "L'altro giorno sono andato a fare la spesa e moltissime persone erano in giro senza tener conto dello stato di contenimento del virus che tutti, nessun escluso, dovremmo rispettare. Le persone non capiscono di come sia importante restare in casa affinché questo brutto virus venga sconfitto. Abbiamo fatto tanto ma basta davvero pochissimo per tornare indietro e ricominciare da capo.

E ricominciare, soprattutto per chi ha già combattuto il coronavirus​, non è mai una bella cosa".

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