Studentessa spiata per anni in casa: 43enne a processo

Le videocamere avrebbero spiato la coinquilina nella stanza da letto e pure in bagno. La denuncia della giovane, poi la perquisizione: ora l'uomo è accusato di interferenze illecite nella vita privata

Studentessa spiata per anni in casa: 43enne a processo

Le videocamere osservavano ogni suo movimento. La filmavano in camera da letto, nei momenti di relax. E pure in bagno, sotto la doccia, violando la sua intimità. Quello denunciato da una ex studentessa dell'università Cattolica di Milano, una ragazza straniera oggi 23enne, era un inquietante "grande fratello" realizzato a sua insaputa. Un sistema attraverso il quale il proprietario di casa, un connazionale che le aveva dato ospitalità, sarebbe riuscito a spiarla giorno e notte, per anni. L'uomo oggi si trova sotto processo, accusato del reato di "interferenze illecite nella vita privata".

La vicenda, come riporta MilanoToday, era iniziata il 22 novembre del 2019 quando la presunta vittima si era reacata in questura a Milano per sporgere denuncia. L'ex studentessa aveva infatti scoperto di essere controllata dall'uomo che le aveva affittato una stanza in un appartamento a Milano, nel quartiere Villapizzone. Dopo essere entrata nella camera del connazionale, che le aveva chiesto aiuto con una traduzione, la giovane donna aveva notato che su un monitor collegato al pc erano trasmesse le immagini della sua stanza. A quel punto, insospettita, aveva controllato il resto dell'abitazione e si era accorta della presenza di un'ulteriore videocamera, piazzata in bagno e nascosta sotto un faretto. Accompagnata dal suo avvocato, il legale Andrea Possenti del Foro di Milano, aveva quindi deciso di raccontare tutto alla polizia.

Dopo aver ascoltato la testimonianza dell'allora studentessa, gli agenti avevano fatto visita al proprietario di casa per una perquisizione, sequestrandogli un computer, 5 hard disk, un cellulare, 9 sim card e 12 chiavette usb. Sui dispositivi in questione pare ci fossero immagini ritenute degne d'approfondimento: il tutto, ora, è al vaglio dei giudici. Dopo le indagini, infatti, nel luglio 2020 la pm Ilaria Perinu aveva disposto la citazione diretta in giudizio per il 43enne, accusato per l'appunto di "interferenze illecite nella vita privata". Secondo l'art. 615 bis del codice penale, "chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata" è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Proprio quello che ora rischia l'imputato. Nel suo decreto, infatti, il magistrato aveva scritto che questi "si procurava indebitamente video e foto attinenti alla vita intima e privata della persona offesa attraverso delle videocamere poste nella camera da letto e nel bagno dell'immobile".

All'avvio del processo, il presunto "spione" aveva offerto un risarcimento di duemila euro all'ex studentessa, rifiutato però sia dalla giovane sia dal pubblico ministero. A quel punto aveva richiesto il rito abbreviato, che comporterà la possibilità di ottenere lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna. Il giudice intanto ha deciso di rinviare la sentenza per chiedere di integrare la prova nominando un consulente tecnico d'ufficio, che giurerà il prossimo 3 marzo.

L'esperto dovrà verificare che tra il materiale sequestrato all'uomo vi siano effettivamente immagini della studentessa - circostanza accolta con fastidio dall'accusa - ma anche che il 43enne non le abbia poi diffuse a terzi.

Se quest'ultima eventualità trovasse riscontro, la posizione dell'imputato si aggraverebbe. E non poco.

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