Coronavirus

SuperMario blinda Speranza Nel mirino Salvini e Regioni

Draghi al leader della Lega: ho voluto io Speranza, criticare lui è criticare me

SuperMario blinda Speranza Nel mirino Salvini e Regioni

Sceglie di giocare d'anticipo, Mario Draghi. E in un solo giorno chiude il cerchio che tiene insieme la campagna vaccinale e l'agognato obiettivo delle riaperture. Lo fa convocando una conferenza stampa che ha come principale obiettivo quello di lanciare un messaggio chiaro alle Regioni. Che si guarda bene dal citare espressamente, ma che sono l'evidente bersaglio dell'affondo che - solo formalmente - il presidente del Consiglio riserva ai furbetti del vaccino. «Ma con che coscienza ci sono persone che saltano la lista d'attesa cercando di farsi vaccinare prima, pur sapendo che in questo modo si lascia esposto a rischi chi ha più di 65 anni o qualche fragilità?», è la prima cosa che dice Draghi. Si appella alla coscienza dei singoli, ma è ben consapevole del fatto che i furbetti in questione sono categorie specifiche, autorizzate caso per caso dalle singole Regioni. Insomma, qualcosa di molto lontano dall'automobilista che decide di dribblare il traffico della domenica imboccando la corsia d'emergenza. Perché per saltare la fila in un centro vaccinale è di fatto necessario il nulla osta della Regione, che - come è noto - è arrivato per categorie diverse in territori diversi. Personale sanitario non in prima linea, spesso persino amministrativo, magistrati, avvocati, in un caso - purtroppo - anche giornalisti e via andando.

I destinatari del warning di Draghi, dunque, sono proprio i governatori di Regione. Anche rispetto alla campagna vaccinale, la cui riuscita è determinante per poter sperare di iniziare a riaprire fra qualche settimana. Non a caso, entro poche ore, è attesa un'ordinanza del generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario all'emergenza Covid-19, che dovrebbe imporre alle Regioni un rigido criterio anagrafico nella somministrazione delle dosi. Il cui andamento diventerà uno dei parametri per valutare possibili aperture. Insomma, davanti ai tanti governatori di ogni colore possibile che chiedono con insistenza a Palazzo Chigi di allentare le restrizioni, la risposta di Draghi è solo formalmente conciliante «C'è un clima di grande collaborazione con le Regioni», ripete più d'una volta in conferenza stampa. Ma, fa sapere nei fatti, il destino di ogni territorio è strettamente legato all'andamento della campagna vaccinale, che - al netto della fornitura delle dosi - è in capo ai singoli governatori. Quindi è loro interesse seguire rigidamente l'ordine anagrafico, perché «vaccinare entro aprile tutti gli over 80 e gran parte degli over 75» e «la scelta di mettere in sicurezza prima le categorie più deboli» è «propedeutica alle riaperture». Di più: diventerà un criterio di valutazione, alla stregua del numero di contagiati, dei decessi o dei posti liberi nelle terapie intensive.

Chiuso l'affondo alle Regioni, Draghi ci tiene a far chiarezza anche sul rapporto con Matteo Salvini e sui ripetuti attacchi del leader della Lega al ministro della Sanità, Roberto Speranza. Lo fa prima cercando di normalizzare il faccia a faccia di ieri con l'ex ministro dell'Interno («ho visto anche Pier Luigi Bersani, in un equilibrio del tutto casuale»), poi prendendo senza esitazioni le parti di Speranza, oggetto da sempre di dure e ripetute critiche da parte di Salvini. «Ho voluto io Speranza ministro e ne ho molta stima», dice tranchant in conferenza stampa. Pare che con Salvini sia stato ancora più chiaro: le decisioni su aperture e chiusure non le prende Speranza, le prendo io dopo aver ascoltato tutti, a partire dal ministero della Sanità. E ancora: sia chiaro che attaccare Speranza significa attaccare il sottoscritto.

Non solo un messaggio al segretario della Lega, ma anche un esercizio di leadership che forse qualcuno non si sarebbe aspettato da un presidente del Consiglio tecnico. Così come l'appello per «rassicurare il Paese» sul fatto che la campagna vaccinale sta procedendo e che, ripete Draghi, «non ci saranno problemi sulle forniture». Anche su AstraZeneca il premier è in prima linea, per cercare di sedare gli allarmismi. I numeri parlano di 84 casi di trombosi su 25 milioni di vaccini somministrati. E già questo dovrebbe bastare. Ma Draghi ci mette il carico: «Io e mia moglie ci siamo vaccinati con AstraZeneca.

Non lo abbiamo fatto a cuor leggero».

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