Politica

Tamponi, banchi e la zavorra dell'incompetenza

Un'estate a discutere su dove piantare l'ombrellone e come ficcare 28 studenti in classe raddoppiando la distanza, fino all'idea geniale: i banchi a rotelle. Con la ripartenza, il rischio di una seconda ondata era concreto.

Un'estate a discutere su dove piantare l'ombrellone e come ficcare 28 studenti in classe raddoppiando la distanza, fino all'idea geniale: i banchi a rotelle. Con la ripartenza, il rischio di una seconda ondata era concreto. Nei luoghi di lavoro hanno provveduto alla sicurezza, sotto la mannaia della responsabilità penale. Nelle scuole i presidi hanno fatto complessivamente un buon lavoro, con tutte le limitazioni del caso. Restavano tre aree su cui intervenire per scongiurare un'altra chiusura.

Una, potenziare il trasporto pubblico. Non è stato fatto nulla, se escludiamo qualche striscia per terra per le bici: nulla di serio, diciamo. Due, potenziare la capacità di tamponare i potenziali positivi. Fra code ai drive-in, privati autorizzati in ritardo e scarsità di test, attese di giorni e giorni per sapere se uno può tornare al lavoro o a scuola. Tre, potenziare le terapie intensive. Adesso stanno iniziando. Incredibile, soprattutto dopo aver criticato l'ospedale di Fiera Milano realizzato in tempi record.

Ora, è vero che non siamo un Paese in cui tutto funziona come un orologio. Per una sentenza definitiva serve oltre un decennio e tutto ciò che è pubblica amministrazione non riesce a far accadere le cose, nemmeno spendere i soldi. Decine di miliardi di fondi europei inutilizzati e restituiti, per l'incapacità di presentare progetti. L'opposizione bussa per sedersi al tavolo dei 209 miliardi, ma nessuno dice che non sapremo mai spenderli. È tutto vero ed è il grande male di questo Paese, di cui non solo manca la cura, ma ancora rifiutiamo la diagnosi.

Tuttavia, se la classe amministrativa è imbrigliata da lacci e lacciuoli, i politici che li guidano sono pure peggio. Senza girarci attorno, non sanno fare niente. Non hanno alcuna competenza. Chi li incontra per discutere di interessi concreti, di un settore o di una categoria, si sorprende di quanto siano impreparati. Non solo e non tanto sulle questioni specifiche, tecniche, ma in generale quanto siano sprovvisti di una qualsiasi cultura professionale, che li metta in grado almeno di inquadrare le cose in modo sistemico e valutare informazioni e suggerimenti tecnici che ricevono. Solo campioni di arroganza, che però viene dalla poltrona, non dal colore. Buoni a nulla, ma capaci di tutto.

Con amarezza, uno si chiede come abbiamo fatto a cadere così in basso. Poi si ricorda di avere mestiere e operosità e comincia a cercare un'uscita da cui risalire.

Ma non è facile, c'è pochissima luce.

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