Taranto, emergenza immigrazione ecco il centro di accoglienza Il sindaco: "Non lasciateci soli"

Dallo sbarco all'accoglienza degli immigrati, vi raccontiamo le difficoltà da affrontare, con un governo "silente e lontano"

Foto d'archivio
Foto d'archivio

Tutte le città che sono in prima linea per affrontare l’emergenza immigrazione si sentono abbandonate dal governo. Che chiede sempre di più: più posti letto, più impegno, più spazi a disposizione. Ma non concede in cambio neppure qualche spiegazione, un “doveroso scambio di opinioni”.

Noi abbiamo fatto un viaggio in Puglia, per mostrarvi innanzitutto l'attività d'intervento svolta dalla Capitaneria di porto, dal Roan della Guardia di finanza e dal Nucleo anti - immigrazione istituito nel Salento, e poi i diversi livelli dell'attività di accoglienza, a partire dalla prima accoglienza.

“Ho scritto al ministro Alfano a nome mio e degli altri dieci comuni, tra la Sicilia, la Calabria e la Campania, interessati dall’accoglienza dei profughi. È necessario un coordinamento: non può lasciarci soli”.

A parlare è il sindaco di Taranto, Ippazio Stèfano, stanco dei silenzi del Viminale. Al momento qui non ci sono certezze, nè sull’hub che dovevrebbere sorgere al porto per accogliere 500 profughi, e su cui non sono mancate le polemiche in città, nè su come gestire l’emergenza, che con l’arrivo della bella stagione è pane quotidiano.

La città dei due mari è impegnatissima nell’attività di accoglienza, come molte città del Sud Italia. Di questi giorni la notizia dell’arrivo di altre centinaia profughi. Il centro di prima accoglienza, nel quartiere Salinenna, all’interno della ex palestra Ricciardi si è, così, riempito di nuovo.

La settimana scorsa ancora c’erano ospiti arrivati dopo i precedenti sbarchi. Quando siamo entrati nel centro giocavano a calcio all’esterno della struttura, assieme ai ragazzi della zona. Le difficoltà maggiori riscontrate, come ci spiega la responsabile Lia Mercorella, coordinatrice della protezione civile, sono legate all’assenza di informazione. Non è semplice sapere 12 ore prima che stanno arrivando centinaia di persone e riuscire ad accoglierle come si deve. Anche perchè il centro è pensato per immigrati che si fermano per 48, 72 ore, il tempo di essere destinati ai Cara o agli Sprar. O di organizzarsi per raggiungere le mete desiderate, in genere in Nord Europa. Invece alcuni ragazzi si fermano anche per qualche settimana.

Lo spazio è ampio, i bagni sono stati ristrutturati, i muri sono freschi di tinta e i volontari gentili. Sulle brandine lenzuola nuove e coperte calde. Ognuno si arrangia come può e fornisce quanto serve ai giovani, ultimamente soprattutto somali ed eritrei.

Alcune volte le dimensioni dell’emergenza sono tali da rendere la palestra insufficiente a fronteggiarle.

Così devono intervenire altre associazioni che hanno spazi da mettere a disposizione. Come ci spiega Andrea Occhinegro, il responsabile di Abfo, che lo scorso anno è stato chiamato dalla Prefettura ad intervenire. E continua a farlo in questi giorni.

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