Cronache

Terremoto in Emilia, un allarme senza fine Monti non sa che fare

Lo sciame durerà a lungo, la ricostruzione non comincia, l’economia è paralizzata. Ora servono risposte chiare

Terremoto in Emilia, un allarme senza fine Monti non sa che fare

Modena - Come finira? Se le cose stanno come le ha lette ieri il mini­stro dell’Ambiente Clini, l’allarme della Commissione grandi rischi non fa altro che ribadire come i ter­remoti siano imprevedibili e che nella zona tra Finale Emilia e Ferra­ra, ci potrebbe essere un’evoluzio­ne sismica. «Questo lo avevamo ca­pito, ma che cosa serve quel rap­porto? », è il commento che tutti si fanno hanno fatto per darsi ragio­ne di una eventualità sismica evi­dente visto che lo sciame è ancora in piena attività. Ecco perchè l’al­lerta da un lato è la scoperta dell’ac­qua calda, ma dall’altro qual­che problema in più lo solle­va. Ad esempio quello della lo­calizzazione precisa data dalla Grandi Ri­schi, che è forse l’aspetto più controverso. E anche quello che getta mol­tissimi comuni nello sconforto. Da un lato i comu­ni da ieri «osservati speciali», che si sviluppano in un raggio molto più corto del fronte sismico, da Fi­nale Emilia a Ferrara. Dall’altro i Comuni di «serie B», tutti gli altri, a cominciare da quelli colpiti nel modenese per proseguire con i 13 Comuni della Bassa reggiana, Ro­lo e Reggiolo in primis, già in ginoc­chio, e quelli del basso mantova­no. Il primo a lamentarsene, per­chè lo ha saputo dalla tv, è il sinda­co di Bondeno, il leghista Alan Fab­bri. Ieri ha detto che «noi sindaci vogliamo essere trattati in modo paritetico. I comuni interessati da questo allarme sono pochi e ci si poteva avvisare». E tutti gli altri? Come saranno considerati dallo Stato?L’attenzione resterà solo su pochi Comuni osservati speciali? Tanto più che ieri, la scossa più grossa tra quelle avvertite, di 3.5, segnava come epicentro sempre Cavezzo: fuori dal raggio indicato come critico dalla Grandi Rischi. A sollevare un problema di tratt­a­mento era stato anche il sindaco di Rolo (Reggio Emilia), Vanna Scal­triti: più volte epicentro di scosse, devastato nel suo piccolo centro con più di 150 case inagibili e oltre 600 sopralluoghi da effettuare: «Ci hanno dimenticati», aveva tuona­to denunc­iando la mancanza asso­luta dei nuclei speciali della Regio­ne.

Tecnici che sono arrivati, appe­na due, soltanto venerdì.

Anche a San Felice, primo comu­ne a ovest di Finale, il giorno dopo la comunicazione data dal gover­no circa la probabilità di nuove scosse, si registrano ulteriori dan­ni: ma sono i danni «psicologici» che l’allarme ha creato.Un conto è darlo con mesi di anticipo e preten­dere che le istituzioni si attrezzino per tempo, un conto è darlo dopo: a tutti è sembrato un facile scarica­barile dopo ciò che è successo a L’Aquila e soprattutto dopo che Il Giornale ha scoperto che al primo allarme, quello di gennaio, non era stata data adeguata pubblici­tà.

Ne è convinto anche Alberto Sil­vestri, sindacodiSanFelice, cheal Giornale definisce grave quel re­port.

«Non ci aiuta. Anzi: ci mette ancora di più in difficoltà, prima di tutto perchè non capisco da che co­sa hanno tratto la conclusione di scosse localizzate tra Finale e Fer­rara. San Felice dista da Finale ap­pena 13 chilometri e con un sisma di magnitudo 6 ce n’è abbastanza per radere al suolo anche noi. Così aumentano la paura e lo smarri­mento dei cittadini che, lo ricordo, dormono terrorizzati ancora fuori casa. E poi: dove erano questi si­gnori il 21 e il 30 maggio dopo le scosse più devastanti? Non capi­sco perché intervengano ora, o lo fanno solo per coprirsi?». Un sospetto, questo, avanzato ieri an­che dal deputato modenese del Pdl Carlo Giovanardi che ha parla­to di caccia alle streghe.

Ma c'è di più. Secondo Silvestri «se qualcuno è certo di quello che dice, può parlare, se dobbiamo far parlare solo la statistica, è meglio tacere, perchè che questo territo­rio sia sismico lo abbiamo già capi­to sulla nostra pelle». Ma quali so­no le ricadute sull'allarme dirama­to dal governo di probabili scosse in tutta la zona? «Sono principal­mente psicologiche - prosegue ­perché il nostro patrimonio edili­zio non è antisimismico e a noi ser­vono risposte chiare sulle risorse, ma, prima il decreto sulla ricostru­zione che non ci aiuta, poi questo allarme che aumenta lo stato di an­sia dei cittadini, ci costringono a paralizzarci».

Quindi la domanda è la stessa: «Cosa dobbiamo fa­re?».

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