Coronavirus

Trivulzio, l'ultima denuncia: "Un medico malato già a fine febbraio"

Nel reparto Pringe "già alla fine di febbraio" un medico e una caposala "si assentavano" per sospetto coronavirus

Trivulzio, l'ultima denuncia: "Un medico malato già a fine febbraio"

Emergono altri dettagli sul caso del Pio Albergo Trivulzio, la struttura finita al centro di un'inchiesta della Procura di Milano su presunte irregolarità nella gestione dell'emergenza coronavirus. Da una delle denunce di infermieri e operatori sanitari è emerso che nel reparto Pringe "già alla fine di febbraio" un medico e una caposala "si assentavano" per sospetta positività al Covid-19. Un'infermiera ha scritto che i "casi di contagi tra i sanitari sono stati e sono ad oggi numerosi". Come riportato dall'edizione odierna de Il Messaggero, dall'analisi delle cartelle cliniche sequestrate dalla Finanza risulta che proprio nel pronto intervento geriatrico già da gennaio ci sarebbero stati casi di polmoniti sospette, mentre da metà marzo sarebbero arrivati circa 20 pazienti da altri ospedali.

La tesi sostenuta dal Comitato dei parenti delle vittime è che, in seguito alla delibera regionale dell'8 marzo sul trasferimento di pazienti Covid nelle Rsa, sarebbero arrivati al Pat "numerosi pazienti provenienti da ospedali di zone già emergenza contagio". I familiari degli anziani ricoverati nella struttura, nel corso della videoconferenza durata quasi 3 ore, hanno trattato proprio tale argomento con Fabrizio Pregliasco. I parenti hanno chiesto delucidazioni sui circa 200 decessi registrati e sull'effettivo numero di morti.

"Pregliasco non è neutrale"

Alessandro Azzoni ha ammesso che il virologo nominato supervisore scientifico dell'istituto "si è mostrato disponibile", ma ha voluto sottolineare che basterebbe guardare le carte per comprendere "le ragioni per cui non è un consulente neutrale". Il portavoce del Comitato ha aggiunto che il mancato accesso alle procedure interne, ai modelli organizzativi del Trivulzio e al sistema delle regole adottate dalla struttura sulle modalità mediante cui affrontare l'emergenza "hanno determinato tra i parenti uno stato di ansia e di confusione in relazione ad un contesto percepito come fuori controllo". Il Comitato Verità e Giustizia per le vittime del Trivulzio sono convinti che il professore abbia "negato ogni responsabilità della struttura" e giustificato come "una cosa inevitabile" ogni fatto e testimonianza portata sulle carenze procedurali e organizzative. Il virolgo dell'Università Statale di Milano recentemente si è difeso, giudicando le accuse "una panna montata legata alla comprensibile sofferenza e angoscia dei parenti".

Intanto è spuntata pure una lettera, risalente al 28 marzo, inviata da Giuseppe Calicchio (il direttore generale del Pat indagato con l'accusa di epidemia colposa e omicidio colposo) ai rappresentanti.

Considerando che l'approvvigionamento di mascherine e dispositivi di protezione era "particolarmente difficoltoso", la struttura avrebbe deciso di "evitarne lo spreco laddove non necessario", favorendone la disponibilità - già dal 23 febbraio - "laddove il personale sanitario è invece chiamato ad operare utilizzando aerosol, e con pazienti e ospiti con sintomatologie respiratorie e/o febbrili".

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