Cronache

Truffa sui blindati dell'esercito, giallo sul capitano suicida

Marino Callegaro venne dichiarato suicida nel 2010, ma ora la procura indaga: volle denunciare la truffa dei blindati noleggiati a prezzi folli dall'esercito?

Truffa sui blindati dell'esercito, giallo sul capitano suicida

È una brutta storia, quella contenuta nei quattro container di faldoni che dall'Afghanistan sono volati in Italia per far luce su una presunta maxi truffa sulla blindatura dei mezzi dell'esercito, in un'inchiesta che vede indagati quattro ufficiali italiani.

I fatti fanno riferimento agli anni 2009-2014, quando militari, ambasciatori, ministri e politici che operavano intorno alla missione militare italiana in Afghanistan sarebbero stati fatti viaggiare a bordo di mezzi blindati affittati da una ditta afghana per un prezzo molto superiore a quello che sarebbe stato corretto. Secondo la procura militare di Roma, che ha messo sotto indagine sei ufficiali per truffa aggravata, si sarebbe configurato un "quadro sconcertante", nell'ambito di una "reiterata contrattazione con una ditta afghana" che per di più sarebbe stata anche riconducibile ad un uomo vicino ai terroristi.

Il risultato? Blindature taroccate, prezzi gonfiati e commissioni di collaudo formate da personale senza alcuna competenza tecnica e sfornito di documentazione appropriata. La procura militare ha sequestrato immediatamente 28 blindati, sostituiti dai "Lince" italiani. Il danno economico, si stima, potrebbe aggirarsi per le Forze Armate su una cifra vicina al milione di euro.

Ma a gettare una luce se possibile ancora più inquietante su questo quadro già piuttosto fosco di per sè sono le misteriose circostanze della morte del capitano Marino Callegaro, trovato senza vita a Kabul tra il 24 e il 25 luglio del 2010. Le autorità dell'esercito hanno sempre sostenuto che si trattasse di suicidio, ma la famiglia non ha mai avallato questa versione.

Callegaro infatti aveva raccontato per telefono al padre che "quello che costa duecento questi lo pagano duemila", rifiutandosi di imitare il comportamento di quei commilitoni infedeli, pur senza fare i nomi per rispettare il segreto militare.

Sebbene il codice militare non preveda il reato di istitgazione al suicidio e non siano emerse prove conclusive per contestare l'omicidio, gli inquirenti ritengono che isa possibile parlare di "enormi pressioni che a lungo andare hanno stremato" il capitano Callegaro.

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