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Trump sbaglia ma cacciarlo da Twitter è un abominio

Oltre che vasto, il problema è nuovo, come nuove sono le tecnologie che consentono di comunicare direttamente con milioni di persone in tutto il mondo. Inedito è anche che a controllarle siano due società private quotate in Borsa

Trump sbaglia ma cacciarlo da Twitter è un abominio

O ltre che vasto, il problema è nuovo, come nuove sono le tecnologie che consentono di comunicare direttamente con milioni di persone in tutto il mondo. Inedito è anche che a controllarle siano due società private quotate in Borsa, che si sono assunte la responsabilità di censurare prima, espellere poi, un capo di Stato. Oggi si parla di Trump, ma il problema riguarda la libertà di tutti, e da questo punto di vista deve essere considerato.

Il controllo, naturalmente, è sempre esistito anche con altri mezzi. Per esempio, nessuno contesta a un direttore di giornale di pubblicare quello che vuole: può dire a qualsiasi collaboratore «il tuo articolo non mi piace», e buttarlo nel cestino. Anche una televisione può fare un'intervista e poi decidere di non mandarla in onda. Sono regole nemmeno discusse. (Ma mai si era visto un telegiornale troncare a metà la diffusione del discorso del proprio capo di Stato).

In teoria, non ci sarebbe da discutere neanche la decisione di Twitter e Facebook. Iscrivendosi, l'utente accetta con un clic le regole di chi gli mette a disposizione lo spazio, quindi è tenuto a osservarle, pena l'espulsione senza diritto di protesta, chiunque sia. Però la faccenda in questo caso è più complicata, con la premessa da parte mia che ritengo sbagliato e grave quanto sta facendo Trump, che non vedo l'ora della sua uscita dalla Casa Bianca.

Trump evidentemente ha un suo disegno politico personale non difficile da individuare: spacciandosi come vittima e chiamando a raccolta i suoi, punta a rafforzare un consenso personale che probabilmente gli permetterà, presto, di fondare un suo partito. Progetto più che lecito, in un sistema democratico, se realizzato in modo rispettoso delle leggi. Possono, i proprietari di due società private quotate in Borsa, decidere se lo fa in modo rispettoso delle leggi?

Non valgono le osservazioni di quanti, proprio su Twitter e Facebook, polemizzano dicendo che gli ayatollah possono scrivere che Israele deve essere distrutta, o che non si censura Erdogan perché nessuno capisce il turco. Serve piuttosto osservare che a milioni, su quelle pagine, scrivono sciocchezze non verificate, frasi ingiuriose verso chiunque, diffondono teorie assurde.

Le pagine internet dovrebbero essere vigilate all'origine, semplicemente verificando che un iscritto abbia un nome e un cognome rintracciabile, per assumersi la responsabilità di quanto scrive. Occorre anche, nei casi più gravi, che ci sia uno strumento di giudizio pubblico sulla liceità dei testi. Certo, noi abbiamo la polizia postale, impegnata soprattutto e giustamente a combattere la pedopornografia in rete, ma se quel che accade negli Stati Uniti accadesse da noi? Abbiamo sistemi di controllo e una magistratura in grado di intervenire con la rapidità e l'obiettività necessarie? Direi di no, e occorre dotarsi di questi due strumenti legislativi.

Ritengo eticamente sbagliato avere espulso Trump dai social, perché più che una punizione per lui lo è per le sue decine di milioni di seguaci, che comunque hanno diritto a seguirlo.

Se davvero è un pericolo, meglio sarebbe stato espellerlo dalla Casa Bianca: proprio in nome della libertà, che continua a essere il valore più importante.

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