Il 24 maggio del 2018, Sule Cet, una giovane universitaria, era caduta dal 20esimo piano di un palazzo di Ankara, in Turchia, dopo aver subito una violenza sessuale. E qualche giorno fa, il responsabile di quel gesto, l'imprenditore Cagatay Aksy, è stato condannato all'ergastolo per la morte della 23enne. Al momento del ritrovamento del corpo, coperto di lesioni e con i capelli biondi sporchi di sangue, nel suo rapporto ufficiale aveva parlato di suicidio, nonostante le lesioni intime, il dna sotto le unghie e tutte le altre ferite.
La ricostruzione di quella sera
A far riaprire il caso, oltre agli amici della ragazza, erano stati i familiari e la coinquilina della ragazza, che aveveno rigettato con fermezza l'idea del suicidio. Secondo quanto riportato da Fanpage, la sera dell'omicidio, Aksy, che aveva rilevato la società per cui lei lavorava, le aveva mandato un messaggio, chiedendole di raggiungerlo per un drink. In base alle ricostruzioni, la 23enne avrebbe risposto di no, che stava andando a dormire, ma di fronte alle insistenze dell'imprenditore si era decisa a raggiungerlo. La giovane, che aveva perso l'impiego quando l'imprenditore aveva rilevato l'azienda, aveva accettato l'invito convinta di parlare di lavoro. Alla coinquilina aveva però detto di tenersi pronta ad andarla a prendere se qualcosa fosse andato storto.
I messaggi all'amica
Come aveva previsto, la 23enne da sola con l'imprenditore si era trovata a disagio e intorno all'una aveva scritto all'amica: "Puoi essere qui tra 15 minuti?". E poi, ancora, poco dopo: "Non posso uscire da qui, è ossessionato da me. Non mi lascia sola, vorrei non essere venuta". Insieme all'imprenditore, all'interno di quel palazzo di Ankara, c'era anche un amico del 40enne, Berk Akand, il quale era stato visto dalla videocamera di sorveglianza mentre lasciava il palazzo insieme ad Aksu circa 20 minuti dopo la caduta della 23enne.
Le dichiarazioni dei due uomini
Dall'analisi dei fotogrammi, i due uomini sarebbero parsi tranquilli. La mattina del ritrovamento, a parlare di suicidio erano stati proprio loro. "Ero come un fratello maggiore per lei. L'avevo invitata da me perché si distraesse dai problemi economici e dal lavoro. Non abbiamo fatto altro che ascoltare la musica quella notte. Prima di suicidarsi, il suo stato psicologico era positivo", avrebbe riferito Aksu.
Le ferite sul corpo
Ma l'esame autoptico aveva parlato di ferite anali, genitali ed escoriazioni sparse ovunque, oltre al dna sotto le ughie. Secondo quanto ricostruito, i due l'avrebbero violentata e poi uccisa. Così il 14 luglio 2018, Aksu e Akand sono stati arrestati con l'accusa di omicidio premeditato, stupro e sequestro di persona. Entrambi avrebbero negato le accuse, ma sono stati rinviati a giudizio e qualche giorno fa è arrivata la condanna.
Un processo clamoroso
Subito dopo la morte, nel corso della prima udienza, dall'aula erano state escluse come parti civili le associazioni femministe e la famiglia era stata redarguita dalla difesa, con l'accusa di aver creato un'inopportuna attenzione del caso sui social network, dove infatti l'account Twitter @suleicinadale aveva mobilitato l'opinione pubblica che chiedeva giustizia per la ragazza.
La difesa dei due uomini aveva provato a screditare la vittima, sottolineando il fatto che la ragazza "non era vergine" e che "beveva alcolici". Ma a distanza di più di un anno, però, le condanne sono arrivate per entrambi gli imputati: l'ergastolo per l'imprenditore 40enne e 18 anni per l'amico, ritenuto suo complice.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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