Il muro di Berlino

Ultima follia giallorossa: vietato dire comunismo

Ultima follia giallorossa: vietato dire comunismo

Tra due giorni saranno trent'anni dalla caduta del Muro di Berlino. Peccato che, secondo la maggioranza giallorossa (ma forse solo rossa rossa), pare si sia trattato di un evento sismico, senza alcuna responsabilità politica. Ieri, alla Camera, Fratelli d'Italia ha chiesto che nelle scuole si promuovesse il ricordo del Muro, la maggioranza ha acconsentito purché sparisse la parola... comunismo. Il Muro, insomma, secondo l'ardita ricostruzione revisionistica delle quattro sinistre al governo, nulla avrebbe a che vedere con il comunismo che, a questo punto, c'è da chiedersi se sia mai esistito. Immaginiamo un eventuale relatore in una scuola rievocare quella storia senza poter mai parlare di comunismo. Quali sinonimi userà? «Autoritario», certo «totalitario», senza dubbio, ma l'aggettivo comunista dovrà essere bandito. Come se, nelle diverse giornate della memoria che ricordano la Shoah e le leggi razziali, venissero cancellate le parole «nazismo» e «fascismo». E questo non è il primo scivolone giustificazionista. Qualche giorno fa, le forze di opposizione chiesero che nella mozione Segre entrasse, come ideologia di odio, anche il comunismo: ma pure lì niente da fare, la parola C resta impronunciabile. Il misto di pochezza e di ipocrisia di questi comportamenti è talmente evidente da risultare involontariamente comico. Ma, finito di sorridere, anzi di sghignazzare, c'è da preoccuparsi. Prima di tutto perché la maggioranza evidentemente ritiene questo ideale, il comunismo, ancora perseguibile, e non sotterrato per sempre dalle dure repliche della storia (e dai milioni di morti). Poi perché, diversamente dal fascismo, che non esiste più in alcuna parte al mondo, il comunismo è ancora vivo e vegeto: in Cina, in Vietnam, a Cuba e, in forme più soft ma non meno pericolose, in Venezuela. Regimi con cui una parte della maggioranza ha, in un passato anche recente, intrattenuto rapporti.

Ma soprattutto c'è da preoccuparsi perché questo grande trasporto delle quattro sinistre per il ricordo del comunismo emerge proprio nel momento in cui si stanno arrabattando per trovare i soldi con cui riempire il bilancio: e già qualche voce fa trapelare che, prima o poi, alla patrimoniale si dovrà pur arrivare. Dagli ai ricchi, come insegna il compagno Maduro, anche se poi a finire depredato sarebbe ciò che resta della classe media.

Non possiamo infine che sottolineare la schizofrenia di questa maggioranza, da qualcuno ribattezzata Orsola, che si sdilinquisce per la Ue e che è prona (pardon, pronta) a tutto pur di esaudirne i desideri. Peccato che di recente il Parlamento di quella stessa Ue abbia approvato, con i voti di Pd e 5 stelle, un'importante risoluzione che equipara nazismo e comunismo come fenomeni totalitari, entrambi da condannare. Ma varcate le Alpi, tutto cambia. È impossibile in Italia intitolare una via a Giovanni Gentile, il nostro massimo filosofo del Novecento. Ma in Emilia si trovano ancora le vie Lenin, l'inventore dei gulag, e altrove persino le vie Mao-tse-tung, mentre a Roma il viale dedicato al Migliore, Palmiro Togliatti, che pure fu collaboratore di Stalin per molti anni, è uno dei più importanti della capitale. Ma chissà, forse Lenin, Mao e Togliatti non sono mai stati comunisti, come ebbe a dire di sé un importante esponente del Partito comunista, poi diventato leader della sinistra post...

comunista.

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