Coronavirus

La vaccinazione fa flop: "D'estate non arriveremo al 30%"

Il prof. Massimo Andreoni spiega i ritardi dell'Italia e le preoccupazioni in vista dell'immunità di gregge, che rimane un miraggio. "Stanno emergendo numerose difficoltà, la mancanza di un piano vaccinale lascia grandi perplessità"

La vaccinazione fa flop: "D'estate non arriveremo al 30%"

Il tempo passa ma l'Italia resta indietro: appena 178mila (ad oggi) le persone vaccinate in una settimana, da quando in pratica è iniziata la campagna di vaccinazione contro il Covid-19. Lentissimi, di questo passo sarà impossibile non soltanto riuscire a coprire il 70-75% della popolazione entro dicembre ma salterebbero anche tutti gli obiettivi intermedi.

"Manca un piano vaccinale"

"Con il programma attuale rischiamo di arrivare all’estate con una vaccinazione sulla popolazione che è inferiore al 30%. E la copertura al 70% diventa un miraggio", afferma Massimo Andreoni, Direttore della clinica di malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali). In un'intervista al Messaggero, il professore non usa giri di parole e descrive la situazione di estrema gravità: il governo italiano ha avuto mesi di tempo per preparasi all'arrivo dei vaccini ma così non è stato. "Il problema della vaccinazione non è arrivato improvvisamente. È una questione di cui si parla da settimane e che in qualche modo era fortemente attesa. Quindi, la mancanza di un piano vaccinale ben redatto e avviato lascia grandi perplessità".

Oltre ad un piano vaccinale carente ed insufficiente, l'errore più grave è l'attuale mancanza del personale sanitario con un bando pronto a reclutare 12 mila nuovi infermieri e 3mila medici chiuso soltanto il 28 dicembre. "Stanno emergendo numerose difficoltà che certamente andavano analizzate molto tempo addietro, per poter poi trovare soluzioni prima dell’inizio della campagna vaccinale", aggiunge Andreoni.

I problemi con AstraZeneca

L'Italia, senz'altro, è un Paese sfortunato: il "cavallo" su cui aveva puntato le maggiori speranze, il vaccino AstraZeneca, ha subìto degli intoppi in fase tre e non sarà approvato almeno fino a febbraio (se tutto va bene): le dosi acquistate, intorno ai 40 milioni, per il momento rimangono inutilizzabili. A parte la Pfizer ed in attesa di quello di Moderna, i problemi sono legati anche a questo ritardo. "La predisposizione della campagna vaccinale deve essere fatta anche in previsione di scenari diversi. Noi non possiamo aspettare che il vaccino di Astrazeneca venga autorizzato per iniziare a organizzarci. Ci sono vaccini diversi che richiedono strategie diverse. Dobbiamo già essere pronti a conoscerli e a utilizzarli", afferma l'infettivologo. Non abbiamo un piano B perché è tutto è in mano alla Pfizer, che ha dichiarato di non riuscire a coprire il fabbisogno richiesto e spera nell'aiuto delle altre case farmaceutiche impegnate in questa battaglia.

I ritardi delle Regioni

In un panorama nazionale in cui quasi tutte le Regioni procedono a rilento come lumache, la nota positiva arriva soltanto dal Lazio che in questo momento ha somministrato 29mila dosi sulle 45.808 a disposizione, vale a dire il 63,3%. Al secondo posto c'è la Toscana, più indietro il Veneto (fonte Report vaccini anti-Covid). La Lombardia, epicentro della prima ondata della pandemia, si è soltanto all'11,4% delle dosi somministrate (molti camici bianchi sono in ferie), in Sardegna il 7,5% ed in Calabria addirittura il 5,4%. "Noi abbiamo saputo con largo anticipo quali erano le quantità di vaccino che sarebbero arrivate a ciascuna di loro, quindi è sicuramente grave che a livello regionale, avendo ormai tutti gli elementi per avviare un programma vaccinale ben fatto, ci siano alcune aree che sono estremamente indietro - incalza Andreoni - Certamente preoccupa in modo particolare che le Regioni del nord, le quali hanno pagato maggiormente un grande tributo per questo tipo di malattia, la campagna vaccinale proceda in maniera lenta".

La mancanza del personale

La dimostrazione del V-day, che ha riscaldato gli animi di tutti noi, non trova riscontro nella quotidianità: oltre alla carenza del personale di cui abbiamo accennato, mancano ancora i protocolli per la profilassi. Andreoni si dice preoccupato perché ci troviamo ancora in una fase in cui la vaccinazione è rivolta soltanto agli operatori sanitari ed alle Rsa. Ma cosa accadrà quando si dovranno vaccinare tutti? "Le carenze di organizzazione che stiamo riscontrando ora sarebbero ancora maggiori - aggiunge - Ripeto, è un ulteriore elemento di preoccupazione vedere l’impreparazione da parte di alcune Regioni".

La follia è non riuscire a sostituire quei camici bianchi indisponibili (perché in ferie) in un periodo caldo come questo, dove ogni giorno che passa continuano a morire centinaia di persone. Basterebbe soltanto questa motivazione, più del virus in sè che continua ad infettare, a spronare a vaccinare. Invece nulla. "Ci ritroviamo così a perdere in questo momento due settimane almeno per avviare un percorso che già doveva essere abbondantemente identificato. Sinceramente, è una situazione che lascia grosse perplessità".

Insomma, la tanto sperata immunità di gregge rimane un miraggio come quelli del deserto.

"Se non si colmano tutte le carenze, il rischio che si corre è che nel periodo pre-estivo avremo una quantità di persone vaccinate che certamente non sarà sufficiente a creare quell’immunità di gregge indispensabile per ridurre la circolazione del virus", conclude Andreoni.

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