Cronache

Il veleno, la pianta, il "test": la "lucida follia" per uccider la madre

Alessandro Asoli, il 19enne che ha avvelenato il patrigno e la madre, avrebbe usato i genitori come cavie per verificare l'efficacia del nitrito di sodio. "Aveva in programma di suicidarsi", spiega il gip

In foto, Loreno Grimandi e Monica M. (Immagine da Facebook)
In foto, Loreno Grimandi e Monica M. (Immagine da Facebook)

Il veleno, la "Gloriosa superba" e un piano criminale a dir poco diabolico. Alessandro Leon Asoli, il 19enne di Cereleto che ha avvelenato la mamma e il patrigno con il nitrito di sodio, aveva pianificato la strage familiare nei minimi dettagli. Un omicidio-suicido che, stando a quanto si apprende dal Corriere della Sera, sarebbe stato progettato con "lucida follia".

I genitori usati come cavie

Alessandro voleva farla finita. Ci ha provato un mese prima di dare seguito al piano criminale provando a schiantarsi dritto contro un palo con l'auto nuova regalatagli dalla madre e dal patrigno. Un tentativo finito vuoto che l'ha costretto a rivedere le modalità del progetto suicida dirottando verso la certezza di una morte indolore. Un progetto che evoluto in strage familiare nel vano tentativo di soffocare l'istinto autolesionistico che lo agitava da mesi. "Il suicidio era il suo programma principale", specifica il gip Gianluca Petragni Gelosi nell'ordinanza con cui ha convalidato l'arresto del 19enne accusato dell'omicidio del patrigno, Loreno Grimandi, e nel tentato ai danni della mamma, Monica M.

Secondo il giudice incaricato del caso, quella stessa "paura di soffrire" che lo aveva fatto desistere dalla sciagurata idea del suicidio si è trasformata nel movente di un atroce delitto, il tragico leitmotiv del piano omicida. Alessandro avrebbe usato i genitori come cavia al fine di verificare gli effetti del veleno. "La stessa paura che lo aveva frenato, - scrive ancora il gip - lo ha indotto a escogitare un piano per verificare l'azione dei veleni per poi dopo eventualmente assumerli personalmente".

Le ricerche su internet

Si era documentato su internet. Dalla lista delle sostanze letali, aveva escluso il cianuro: efficace ma troppo difficile da reperire. Così ha ripiegato sul nitrito di sodio, i tuberi della "Gloriosa superba" e il colichino, un fiore velenoso. Aveva letto online di un uomo che, a Roma, nel tentativo di togliersi la vita col nitrito aveva sofferto tantissimo. Così ha deciso di effettuare dapprima un test sulla mamma e il patrigno. "La lucida follia suicida si è trasformata in follia omicida", spiega il gip. Alessandro ha agito in totale assenza di empatia quando ha tentato, riuscendovi solo in parte, ad avvelenare i suoi. Lo confermerbbe "tanta perizia dimostrata nella preparazione dei veleni letali, sintomatica di una pericolosità che raramente s'incontra anche nelle aule di giustizia".

Nella camera da letto del 19enne, i carabinieri di Borgo Panigale e del nucleo investigativo hanno trovato un sacco contente pentole, piatti, gli ingredienti della cena, il nitrito, guanti e bicchieri di plastica, in uno tagliato avrebbe sciolto il veleno con l’acqua. Nell’armadio la Gloriosa superba. L’acquisto on line con account e conto della madre, raccontandole di voler coltivare piante. Su di lei Alessandro ribalta le responsabilità della morte del patrigno ma per gli investgatori si tratta di in un racconto "destituito di ogni logica".

Migliorano le condizioni della madre

Le condizioni di salute della madre del ragazzo, scampata alla morte per un soffio, sarebbero in netto miglioramento. La donna ha raccontato ai carabinieri quanto accaduto quella sera nell'appartamento in cui viveva col figlio e il compagno. "Appena cenato – ha spiegato la cinquantaseienne ai militari – Loreno ci ha detto: ‘non mi sento bene, mi stendo un attimo sul divano’. Io avevo assaggiato due forchettate di pasta, lasciando il resto perché troppo salata". A quel punto, Alessandro avrebbe inscenato una crisi di nervi, urlando: "Ecco, io non sono capace neppure di preparare la cena, hai ragione a dirmi che sono un fallito". Poi, avrebbe chiesto alla mamma, di raggiungerlo nella sua stanza per aiutarlo a calmarsi. "Aveva acceso lo stereo ad alto volume, in modo tale da impedire - ricostruisce la donna - che riuscissi a sentire i lamenti di dolore di Loreno", che intanto moriva per gli effetti del veleno in soggiorno.

"Ho paura di cosa può fare mio figlio ora che sono sola", ha confessato ai carabinieri.

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