Cronache

Vendette dei grandi a spese dei piccoli

Vendette dei grandi a spese dei piccoli

Tolleranza zero per i genitori che ostacolano il rapporto dei figli con l’altro genitore. In una separazione conflittuale sempre più frequenti sono i casi di genitori che non rispettano le decisioni del giudice in tema di affidamento e diritti di visita, con conseguenze devastanti nel breve e nel lungo termine sulla sana ed equilibrata crescita dei figli.

Per contrastare questo odioso fenomeno dove i figli diventano «merce di scambio» in balia degli insulti che un genitore rivolge all’altro, vi sono norme che se applicate tempestivamente ben potrebbero evitare estenuanti percorsi di mediazione che, alla luce dei fatti, ben poco smuovono quando uno dei genitori non vuole sentire ragioni e non si mette seriamente in discussione. La mano pesante, in tema di figli contesi, l’ha usata recentemente il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 18799 del 2016, arrivando a sanzionare con una pena pecuniaria esemplare rispetto al passato, pari a 30mila euro, una madre che, anziché risanare il rapporto del figlio con il padre, remava contro di lui screditandolo e sabotandone la frequentazione.

In poche parole i giudici capitolini hanno applicato quelle norme specifiche dettate in tema di tutela della bigenitorialità che consentono di disporre il risarcimento dei danni a carico del genitore inadempiente e irrispettoso dell’altro. La sentenza non è certamente inedita ma, da avvocato matrimonialista che vive sul campo quotidianamente questo tipo di dinamiche, plaudo alla fermezza con cui si è quantificata la sanzione, molto elevata rispetto alla media.

Ma non sempre nelle aule di giustizia si decide così. Troppo spesso, di fronte a genitori che si screditano vicendevolmente e sembrano dotati di un innato senso antieducativo, i giudici tendono a lavarsene le mani delegando a psicoterapeuti, neuropsichiatri, servizi sociali, mediatori familiari, la (non) soluzione del problema, attraverso strumenti compensativi che sembrano avere il solo effetto di prolungare i tempi, rafforzando gli ostacoli che tengono lontano i figli da uno o l’altro genitore. Così, di fatto, si finisce per amplificare le sofferenze, il dispendio di risorse temporali ed economiche, gli squilibri in corso. Ben venga dunque ogni sentenza che risalga direttamente alle responsabilità e non scelga la via salomonica del «tutti colpevoli, nessun colpevole», ma elegga la vittima ed il carnefice. Si dice che l’uomo comprenda solo quando viene toccato nel portafoglio e 30mila euro sono sicuramente un bel macigno sui conti: il Tribunale di Roma pone un grosso monito a tutte le madri e padri che pensino di poter utilizzare i figli come dardi inanimati da scagliare all’occorrenza contro l’altro genitore, senza alcuna sensibilità al grado di sofferenza in essi generato. Obnubilati dall’odio per un matrimonio o convivenza fallita i cattivi genitori perdono di vista il «bene» dei figli che è quello di conservare significativi rapporti con entrambe le figure parentali.

Ma c’è sempre l’altra faccia della medaglia. Vi sono casi residuali in cui sono proprio gli adulti a sbagliare con i loro figli e a farlo in modo così ripetuto e grave da generare rifiuto o paura, inaridendo il sentimento in modo irreversibile: in tali situazioni i giudici non possono e non devono applicare le norme richiamate dal Tribunale di Roma perché la tutela dei figli passa attraverso il rispetto della loro volontà. Una recente sentenza del Tribunale di Torino dell’aprile 2016 sancisce proprio il principio secondo cui non possa essere imposta ad un figlio minorenne la frequentazione di un genitore che invece rifiuta, dovendo prevalere l’interesse superiore del minore rispetto al diritto del genitore respinto. In altre parole, la volontà di un minore (ovviamente capace di discernimento) di non frequentare più un genitore deve essere rispettata e un giudice non può imporne una diversa. Il confine tra i due opposti casi trattati dai giudici romani e da quelli piemontesi è spesso sottile ed è molto difficile centrare «l’effettivo interesse» di un minore.

Anche perché l’errore nella lettura della situazione genera effetti drammatici.

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