Cronache

Nei rubinetti dell'ospedale quel batterio killer che fa strage di neonati

I piccoli erano ricoverati nel reparto interno all'ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento. La relazione della commissione regionale

Nei rubinetti dell'ospedale quel batterio killer che fa strage di neonati

Quattro neonati sarebbero morti uccisi da un batterio killer, il citrobacter. Tutti i bimbi erano ricoverati a Verona, nel reparto interno all’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento. Altri nove sarebbero rimasti cerebrolesi. In tutto sarebbero stati colpiti 96 bambini in soli due anni. Il batterio in questione era annidato nel rubinetto del lavandino utilizzato dal personale della Terapia intensiva neonatale. Sembra che il rubinetto incriminato venisse utilizzato dal personale per prendere l’acqua da dare ai neonati insieme al latte. All’interno anche il terribile Citrobacter. Non è chiaro perchè non si ricorresse all'acqua sterile.

Il batterio killer nell'acqua per il latte

Leonardo è morto a fine 2018, Nina nel novembre 2019, Tommaso a marzo del 2020 e Alice il 16 agosto di quest’anno. Il 17 giugno scorso, il direttore generale della Sanità del Veneto, Domenico Mantoan, ha nominato una commissione di verifica per indagare su quanto avvenuto. A coordinare la commissione il professor Vincenzo Baldo, ordinario di Igiene e Sanità pubblica all’Università di Padova, che ha consegnato la sua relazione in Regione. Hanno lavorato per far luce sulla vicenda i professori Elio Castagnola, primario degli Infettivi dell’ospedale pediatrico Gaslini di Genova, Gian Maria Rossolini, docente di Microbiologia dell’Ateneo di Firenze, e Pierlugi Viale, ordinario di Malattie infettive a Bologna, il direttore di Pediatria e Neonatologia dell’Usl Berica, Massimo Bellettato, e i dirigenti di Azienda Zero Mario Saia ed Elena Narne. Secondo quanto emerso, il rubinetto del lavandino interno al reparto era completamente occupato dal batterio killer. E anche da altri batteri. Il Citrobacter sarebbe arrivato dall’esterno. Forse a causa della mancanza delle misure di igiene che il personale dovrebbe seguire quando si trova a lavorare in reparti ad alto rischio.

Durante l’ispezione sono state controllate le cartelle cliniche, i protocolli, le attrezzature e le procedure utilizzate. Sono inoltre stati ascoltati i medici, gli infermieri, il personale sanitario e la mamma della piccola Nina. La madre della bimba, Francesca Frezza, è stata la prima a denunciare quanto avvenuto. Nina era nata prematura a Borgo Trento nell'aprile 2019 e dopo poche settimane era morta. L'infezione da citrobacter aveva colpito il cervello della neonata. Il sospetto, da cui è partita l'indagine della magistratura, è che la piccola paziente abbia contratto il batterio nell'ospedale veronese. La mamma della neonata ha parlato anche con gli inquirenti, anche perché adesso sarà compito della Procura trovare eventuali colpevoli. Per il momento però non vi sarebbero indagati. Da capire anche perché non sia stata usata dell’acqua sterile e si sia invece ricorso al rubinetto.

I controlli iniziati a gennaio e interrotti per il Covid

gennaio e interrotti per il coronavirusL’indagine è partita lo scorso gennaio, quando i vertici dell’ospedale hanno iniziato i primi controlli. Controlli interrotti poco dopo a causa dell’emergenza Covid-19. Il Punto nascite, la Terapia intensiva neonatale e la Terapia intensiva pediatrica sono state chiuse dal direttore generale Francesco Cobello il 12 giugno. Una commissione è stata nominata con il fine di verificare le procedure di riapertura dei reparti, effettuando anche sopralluoghi. I filtri dell’aria sono stati bonificati, così come gli impianti di condizionamento e sanificazione, inoltre è stata effettuata l’iperclorazione della rete idrica. Ovvero, si è andati a inserire del cloro nell’impianto, monitorando la carica batterica e quella del cloro nell’acqua.

I locali sono invece stati sanificati con il perossido di idrogeno.

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