Guerra in Ucraina

Verso un nuovo scontro di civiltà

Ciò che ha detto ieri Joe Biden a Varsavia avrà certamente conseguenze, perché si è trattato di un discorso talmente acceso da sembrare una dichiarazione di guerra.

Verso un nuovo scontro di civiltà

Ciò che ha detto ieri Joe Biden a Varsavia avrà certamente conseguenze, perché si è trattato di un discorso talmente acceso da sembrare una dichiarazione di guerra. Un genere che ha dei precedenti: quello di John Fitzgerald Kennedy quando, sotto il Muro di Berlino, disse «Ich bin ein Berliner», sono anch'io un berlinese, e poi quando Reagan disse «Mister Gorbaciov, butti giù quel muro» con quel particolare tono dei leader anglosassoni quando sono sul filo del rasoio fra guerra e pace: la postura e il tono di Biden, ieri, ricordavano il famoso discorso in cui Winston Churchill annunciò di voler resistere a Hitler dicendo «combatteremo nei cieli e sulla terra, nelle strade e sui campi, ma non ci arrenderemo mai».

Biden aveva già chiamato qualche giorno fa Vladimir Putin «killer» e ieri «un macellaio». Lo ascoltava una folla di polacchi - davanti al Castello di Varsavia, che fu raso al suolo dai nazisti e ricostruito in ogni dettaglio - fra cui molti ucraini che deliravano quando Biden gridava: «Siamo al vostro fianco e non smetteremo di fornirvi armi, cibo e ogni aiuto».

Possiamo chiederci se Biden intendesse rinfocolare lo «scontro di civiltà», perché le sue parole indicavano che era stato raggiunto il massimo livello di inimicizia e di disconoscimento, fino al punto di rottura del fragile diaframma che separa la pace dalla guerra. Vladimir Putin in questi mesi lo aveva preceduto con dichiarazioni espresse con calma e micidiale chiarezza a tutti coloro che, con pazienza, lo hanno ascoltato nei suoi recenti e meno recenti discorsi. Da anni accusa l'Occidente, sia americano che europeo, di voler disintegrare anche culturalmente la Russia e di essere pronto ad impedirlo con tutte le armi disponibili, per difendere i confini dell'antico impero. Biden ieri è arrivato a dire: «In nome di Dio, quest'uomo non può più restare al potere», parole che di fatto annunciano uno stato di guerra.

Vedremo quali saranno gli sviluppi dell'escalation. Intanto possiamo chiederci se esista davvero uno «scontro di civiltà». Quando la guerra era fredda e ideologica (capitalismo contro comunismo) forse aveva senso. Ma oggi? Davvero esiste una «civiltà occidentale» da cui e contro cui mettere al sicuro la Russia? Quella civiltà, per quanto ne sappiamo, non appartiene ad un solo Paese ma consiste nel sistema delle regole universali fondate sul diritto delle nazioni e sul rispetto della persona. Quelle regole e quel rispetto costituiscono l'unico patrimonio comune dell'umanità.

Esistono, poi, diversi stili di vita e, a quanto sembra, gli esseri umani, russi compresi, trovano più desiderabili i Paesi in cui non esiste la censura e il potere deve essere legittimamente sfidato. Prova ne sia che Biden è a caccia di consensi per le imminenti elezioni nel suo Paese (ciò che potrebbe spiegare la sua veemenza).

In alternativa, esiste l'altro genere di civiltà, in cui gli oppositori vivono in appositi pensionati con le sbarre alle finestre e l'ora d'aria.

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