Coronavirus

Viaggio nella Rsa con il 30% degli ospiti ucciso dal covid

A Verolanuova, in provincia di Brescia, in un mese e mezzo sono morti 49 anziani ospiti della casa di riposo "Gambara Tavelli"

Viaggio nella Rsa con il 30% degli ospiti ucciso dal covid

A Verolanuova, nella Bassa Bresciana, la Gambara Tavelli è più di una casa di riposo. Nata nel XVIII secolo, è un’istituzione in tutto il territorio. Fino a due mesi fa molte delle finestre finestre erano aperte, tutte le stanze occupate da ospiti e la lista d’attesa per potervi accedere era lunghissima. Poi, dall’inizio di marzo la scure del virus si è abbattuta sulla residenza per anziani e alla Gambara Tavelli nulla è stato più lo stesso.

Un terzo degli ospiti spazzato via

In un mese e mezzo sono morti 49 anziani su 150, un terzo degli ospiti totali della struttura: una strage silenziosa. A ripercorrere le tappe principali del lungo tunnel dell’orrore è il presidente della fondazione Giuliano Tirelli: "I primissimi giorni di marzo sono iniziate le prime febbri, il 9 marzo è stata ricoverata in ospedale una nostra ospite, che è poi è stata certificata infetta da covid. Da lì è iniziato il percorso di isolamento del reparto in cui era inserita. Nell’arco di un mese è successo tutto". Nell’arco di soli 45 giorni il coronavirus ha spezzato 49 vite: quasi un morto al giorno. Senza contare che è stato infettato un terzo del personale, tra cui anche il direttore sanitario e il vicepresidente della fondazione. Qui, nei reparti dedicati agli anziani della Bassa Bresciana si è consumata la strage comune a tante case di riposo della Lombardia. Sono stati momenti critici e settimane drammatiche, per gli ospiti e per i dipendenti. Una vera e propria grande famiglia trafitta dal dolore di tante, troppe perdite.

I test della "disperazione"

"La Rsa - continua Tirelli - è una comunità. Le persone sono sempre vicine e sono abituate a frequentarsi, molti ambienti sono comuni e anche alcune stanze sono doppie. E’ un contesto dove applicare l’isolamento - che è stata l’unica arma a nostra disposizione in quel periodo - non è stato facile. Il problema in quella fase critica è stata l’impossibilità di verificare quanti degli ospiti fossero contagiati perché all’epoca non era possibile fare tamponi e test. Non eravamo pronti ad eventi di questo tipo, l’abbiamo affrontato al meglio ma non siamo riusciti ad evitare l’ingresso del virus e la diffusione in quel mese maledetto". Già, perché la situazione è tornata sotto controllo solo a metà aprile quando i vertici hanno sottoposto tutti a test sierologico, pagandolo di tasca propria. "Io credo che dal nostro punto di vista sia stato fatto tutto il possibile e anzi anche qualcosa in più - conclude il presidente - perché nel momento di difficoltà ci siamo affidati ai test che in Lombardia non erano ancora autorizzati".

Oggi l’allarme alla casa di riposo - che adesso ospita solo un centinaio di anziani - sembra rientrato, eppure resta altissima l’attenzione per evitare una nuova tragica strage.

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