Cronache

Botte, droga e riti vodoo: così la mafia nigeriana comanda nel Cara di Bari

Dai pestaggi, al pizzo ai mendicanti, fino ai riti vodoo per costringere le ragazze a prostituirsi: 32 nigeriani sono finiti in manette in tutta Italia. Il quartier generale della mafia nera nel Centro di accoglienza per i richiedenti asilo di Bari

Botte, droga e riti vodoo: così la mafia nigeriana comanda nel Cara di Bari

Droga, prostituzione e riti vodoo. In Italia la mafia nigeriana acquista sempre più potere. A dimostrarlo è l’ultima operazione di polizia che ha sgominato alcune cellule di due dei più feroci clan della mafia nera: i Vikings e gli Eiye.

A finire in manette sono state 32 persone, tutte di nazionalità nigeriana. Gli arresti sono stati portati a termine dalla Squadra Mobile della Questura di Bari, in collaborazione con l’Interpol, in Puglia, Sicilia, Campania, Calabria, Marche, Basilicata, Lazio, Emilia Romagna, Veneto e anche fuori dai confini italiani, in Germania, Francia, Olanda e Malta. Un particolare che, come evidenziato di recente anche dal procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho, dimostra come i tentacoli di questo sodalizio criminale siano estesi ormai in tutta Europa.

Quella di oggi, coordinata dalla Dda di Bari, è l’operazione con il più alto numero di arresti mai eseguita in Italia. A tutti gli appartenenti alle confraternite è stata contestata l’associazione mafiosa, oltre che, a vario titolo, i reati di sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, rissa, estorsione, rapina, violenza sessuale, lesioni personali, sfruttamento della prostituzione, accattonaggio e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Il bacino d’utenza dei clan era il Centro di accoglienza richiedenti asilo del capoluogo pugliese. È qui che gli affiliati facevano arrivare le connazionali da avviare alla prostituzione, sia all’interno sia al di fuori della struttura, occupando immobili e strade, imponendosi sugli altri gruppi stranieri, come quello romeno o albanese, e ritagliandosi la propria fetta di “mercato” rispetto alla mafia locale. Le indagini sono partite nel 2016 proprio grazie alle denunce di due ospiti del Cara, vittime di rapine e picchiati ripetutamente per essersi rifiutati di aderire alle confraternite mafiose.

I violenti riti di iniziazione con i pestaggi a sangue, le rappresaglie tra le bande rivali e le punizioni corporali, i “drill”, da cui prende il nome l’operazione, sono l’elemento caratteristico della mafia nera. Ogni setta ha un suo rituale ben preciso. Agli adepti vengono fatte ingerire droghe oppure bevande a base di sangue e lacrime. Attraverso la stregoneria e i riti vodoo, o Juju, i capi tengono sotto scacco i propri connazionali residenti in Italia, fino ad arrivare a minacciare le famiglie in Nigeria. Gli inquirenti hanno registrato minacce e “casi di violenza inaudita” nei confronti di chi non accettava di aderire alle confraternite o verso gli affiliati che non rispettavano le regole. Lo stesso accadeva per le giovani prostitute e addirittura per gli interpreti che hanno collaborato con la polizia durante le indagini.

Lo schema utilizzato dai clan per la tratta delle schiave era sempre lo stesso: i referenti in Libia mettevano le donne reclutate in Nigeria sui barconi diretti verso le coste italiane. Una volta sbarcate le ragazze venivano introdotte abusivamente nel Cara di Bari, dove iniziavano a prostituirsi consegnando i ricavi al gruppo. Successivamente il giro si è allargato anche alle strade della città ad alcuni appartamenti presi in affitto dai “cult”, le confraternite. Un’altra fonte di finanziamento arrivava dallo sfruttamento dei migranti che chiedevano l’elemosina davanti ai supermercati, costretti a pagare il pizzo alle due organizzazioni.

Per avere un'idea del grado di crudeltà e spietatezza dei gruppi mafiosi basta pensare che soltanto all'interno del centro di accoglienza dal gennaio 2017 si sono verificati nell'ordine: l'accoltellamento di una donna nigeriana, due risse con feriti gravi, uno scontro tra gruppi rivali in cui ha perso la vita un cittadino nigeriano membro dei Vikings, e uno stupro ai danni di un'altra connazionale. Poi c’è il business della droga, soprattutto cocaina ed eroina, che frutta ogni anno montagne di soldi che vengono spediti nel Paese d’origine tramite l’hawala o reinvestite nel business. “Soltanto nel 2018 – ha spiegato la pm Simona Filoni - le rimesse di denaro dall'Italia alla Nigeria sono state pari a 74 milioni di euro”. Le confraternite nigeriane, hanno spiegato i magistrati, si presentano ormai come “vere e proprie associazioni mafiose, in stile di quelle italiane, con regole ferree di organizzazione, gerarchie, suddivisione dei ruoli, riti di iniziazione e territori di influenza”.

A congratularsi con le forze dell’ordine per il risultato raggiunto con l’operazione "Drill" sono stati il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, e il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, che ha invocato la creazione di una “task force” per contrastare quella che definisce “una realtà criminale feroce e da non sottovalutare”. Il deputato leghista Rossano Sasso, invece, annuncia una mobilitazione per chiedere la chiusura del Cara di Bari, trasformatosi in una “base logistica” per i clan nigeriani. Dura anche la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.

“La mafia nigeriana – ha detto - è un cancro che l'Italia ha importato, anche attraverso l'immigrazione incontrollata, e che va estirpato senza pietà dal nostro territorio”.

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