Ministero ha ignorato il virus Il buco di un mese di ritardo

L'ordinanza del Ministero della Salute, che dà indicazioni per gestire l'emergenza Covid-19 arriva il 1 marzo, a un mese dalla dichiarazione dello stato d'emergenza

Ministero ha ignorato il virus Il buco di un mese di ritardo

A due mesi dalla scoperta del primo malato italiano di Covid-19, si cercano risposte sulla diffusione del contagio nel nostro Paese, che ha portato a decine di migliaia di morti, in poco tempo. Mancati controlli, ritardi e sottovalutazioni potrebbero aver contribuito ad aggravare la situazione.

Il Corriere della Sera, che in un'inchiesta ripercorre i passi fatti dal governo in questi ultimi mesi, ricorda la creazione della prima task force, voluta dal Ministero della Salute. Era il 22 gennaio scorso e in una circolare veniva prescritto il tampone in caso di polmoniti insolite, "senza considerare il luogo di residenza o storia di viaggio". Ma, 5 giorni dopo, un altro documento dà una versione diversa sui casi considerati sospetti. Solo chi ha avuto contatti con la Cina o con un caso di Covid-19 deve essere sottoposto a controlli.

Qualche giorno più tardi, il 31 gennaio 2020, il governo delibera lo stato di emergenza, perché si ritiene "necessario provvedere tempestivamente a porre in essere tutte le iniziative di carattere straordinario sia sul territorio nazionale che internazionale, finalizzate a fronteggiare la grave situazione internazionale determinatasi". Ma nel documento non sono ancora presenti, nel concreto, le iniziative da mettere in atto, per contrastare questa emergenza. L'ordinanza del Ministero della Salute del giorno precedente aveva, però, deciso il blocco dei voli dalla Cina, "al fine di garantire un adeguato livello di protezione sanitaria". Una soluzione che non si rivelerà del tutto efficace, data la possibilità di aggirare il blocco passando per scali intermedi. Nel frattempo, il 21 febbraio scorso, arriva la notizia del primo paziente positivo a Codogno. Si tratta di Mattia, il "paziente 1", che ha contratto l'infezione pur senza mai essere stato in Cina.

Meno di una settimana prima, il 15 febbraio, dalla base di pronto intervento Unhrd delle Nazioni Unite di Brindisi era decollato un volo per Pechino. A bordo c'erano 2 tonnellate di materiale sanitario, comprese le mascherine, regalato alla Cina. Poco tempo dopo verrà denunciata la mancanza di questi dispositivi di protezione individuale. Inoltre, i medici ospedalieri lombardi iniziano a preoccuparti per la mancanza di posti in terapia intensiva: secondo quanto ricostruito dal Corriere, il 21 febbraio, a Bergamo, si sarebbe tenuta una riunione in cui i medivi facevano presente di non essere in grado di fronteggiare una possibile epidemia.

Il documento del Ministero della Salute che spiega come muoversi concretamente nell'emergenza è datato 1 marzo, un mese dopo la dichiarazione dello stato di emergenza. Con il documento vengono accolte le indicazioni del Comitato tecnico scientifico della protezione civile, che stabiliscono la necessità di attivare "nel minor tempo possibile un incremento delle disponibilità di posti letto" a livello regionale. In particolare, il Ministero prevede un incremento del "50% del numero di posti letto in terapia intensiva" e del "100% in unità operative di pneumologia e malattie infettive". A quel punto verranno chiesti anche i ventilatori meccanici, necessari per le terapie intensive. Una settimana più tardi, il governo deciderà di chiudere la Lombardia e il 9 marzo, tutta Italia diventa zona rossa, 38 giorni dopo la dichiarazione dello stato di emergenza.

Dal 31 gennaio ai primi provvedimenti efficaci è passato quasi un

mese: circa 30 giorni di incertezza, dovuti alla complessa situazione e andati avanti tra i pareri discordanti degli esperti e provvedimenti arrivati in ordine sparso da parte dei singoli organi regionali.

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