Vivere a un metro dal prossimo

Vivere a un metro dal prossimo

A un metro dal tuo prossimo, una distanza da misurare a occhio, allargando le braccia, come se quello fosse il tuo spazio di sopravvivenza, il tuo respiro. È la distanza di sicurezza, definita per decreto, per resistere al virus. È la soglia del contagio.

Tieni il tuo prossimo lontano da te. Non importa chi sia e neppure se non starnutisce. La prima regola è che non ti puoi fidare di nessuno. Vale ovunque, ma soprattutto nei luoghi dove l'altro è di passaggio, sconosciuto, sprovveduto, in balia del destino e rassegnato, esattamente come te. Il metro come confine della paura.

Il metro è legge. È un decreto del presidente del Consiglio dei ministri. È in vigore dalla mezzanotte. No, non in tutta Italia. Vale in Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, in provincia di Savona e di Pesaro-Urbino. Nei locali aperti al pubblico ci dev'essere un vuoto tra te e l'altro. Non si chiudono i musei. Restano aperti i luoghi della cultura. Sono simboli. È un modo per dire al mondo: qui tutto è normale. Vieni, vivi, inebriati di bellezza. L'ultima cena ti aspetta e non fa nulla se sui social da giorni gira una foto dove Gesù e gli apostoli sono andati via. È per sdrammatizzare e funziona. Niente paura. Presto, venite stranieri e aggiungi un posto a tavola. Solo che si entra con il numeretto. Uno alla volta. Finalmente soli davanti al Cenacolo, sopraffatti dalla sindrome di Stendhal. C'è da svenire.

È più difficile al bar. Cornetto e cappuccino per favore. Si fa colazione con i gomiti larghi. Come si calcola un metro a occhio? E calma, pazienza, non bisogna lasciarsi innervosire da quelli che per bere un caffè ci mettono una settimana, girano lenti il cucchiaino nella tazzina e sorseggiano all'infinito, come se in quell'acqua scura ci fosse la cicuta. Niente tagliafuori. Niente espresso. La colazione si fa a casa. A un metro di distanza da tua moglie.

La vita al tempo del contagio non ha baci e non ha abbracci. È come nel romanzo di Rachael Lippincott: A un metro da te. C'è anche un film uscito in sala un anno fa.

È una storia d'amore, un amore a distanza di sicurezza, perché se hai la fibrosi cistica non ti puoi neppure sfiorare. Ecco, bisogna imparare a vivere senza toccarsi. Per legge e, a quanto pare, per non ammalarsi. O a fregarsene di queste grida manzoniane. Ama il prossimo tuo, un metro è solo la distanza della paura.

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