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La zavorra fiscale che affoga i redditi

Com'era prevedibile, il tema inflazione è stato al centro del discorso di ieri di Ignazio Visco

La zavorra fiscale che affoga i redditi

Com'era prevedibile, il tema inflazione è stato al centro del discorso di ieri di Ignazio Visco. Nelle «Considerazioni Finali» del governatore della Banca d'Italia, uno dei passaggi più interessanti e pure controversi è quello del rapporto tra inflazione e salari. Due elementi sul cui rapporto gli economisti dibattono fin dalle origini. Ebbene, in questo 2022 l'inflazione è tornata protagonista dopo anni, raggiungendo addirittura i livelli di 35 anni fa, quando però era in contrazione. Ora invece sta crescendo, arrivata alle soglie del 7%. In altri termini, dopo una decina di anni di deflazione - prezzi pressoché fermi che si accompagnavano a una crescita altrettanto piatta - si è passati direttamente al rischio della stagflazione, l'incubo di ogni democrazia, dove i prezzi corrono, mentre la crescita rischia di restare piatta come prima. In questo scenario diminuisce il potere d'acquisto dei redditi. Per cui, come sempre, i più colpiti sono quelli più bassi, che hanno zero margine tra entrate e uscite familiari: le prime restano ferme, le seconde aumentano del 7%. Poi quelli medi, e così via: è l'ascensore sociale che si mette a scendere.

Di fronte a tale scenario reale, Visco ha dato un'indicazione, forse da economista, ma molto concreta: evitare «una vana rincorsa fra prezzi e salari». Invece di pensare a una crescita delle retribuzioni agganciandole ai prezzi di alcuni beni, il governatore preferisce «interventi di bilancio di natura temporanea e calibrati con attenzione alle finanze pubbliche». Quindi: meglio contenere i rincari delle bollette o della benzina, frenando le dinamiche inflazionistiche a monte, che rischiare la spirale inflazionistica. Un indirizzo che si basa su due assunti: il primo è che Visco parla della situazione congiunturale e non di un'emergenza strutturale quale era, già prima dell'inflazione, quella dei salari bassi. La seconda è che l'economista Visco è fondamentalmente ottimista. Lo è sul calo del debito; lo è sulla capacità dell'economia globalizzata di creare comunque benessere; e lo è sull'inflazione, parlando di aspettative «che non si discostano significativamente dal 2%», che è il livello considerato ideale dalle banche centrali. Questo ottimismo della volontà potrebbe però rivelarsi errato, oltre a essere incerto sui tempi (quanto durerà? Un anno? Due?). Il numero uno della Bce, Christine Lagarde, ha già preso un bel granchio sull'inflazione.

Ma la questione salari richiede un intervento strutturale prima ancora che congiunturale. Le retribuzioni medie italiane sono tra le più basse in Occidente anche per avere avuto, negli ultimi 20 anni, la crescita più contenuta. Ma soprattutto per avere, tra i Paesi Ocse, uno dei più elevati prelievi fiscali e contributivi. Ecco allora dov'è il punto. Va bene non inseguire l'inflazione. Ma di fronte a una crisi di questa entità non è più rinviabile una riforma fiscale che metta nelle tasche dei lavoratori più reddito disponibile. Sia per quelli dipendenti, attraverso la riduzione del cuneo fiscale; sia per gli autonomi, tramite una revisione delle attuali norme, spesso vessatorie.

Solo così si possono proteggere le classi basse e medie, dalle quali dipende sia la stabilità sociale, sia la crescita stessa del Paese, attraverso i consumi e gli investimenti finanziati dal risparmio privato.

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