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Cuba, cinquant'anni dopo la Rivoluzione

Dopo mezzo secolo l'isola caraibica ha sanità e istruzione a livelli alti ma nessuna libertà per il popolo, diviso, economicamente, fra chi ha accesso alla valuta convertibile e chi, non avendolo, deve arrangiarsi con 408 pesos al mese (12 euro) di stipendio

Cuba, cinquant'anni 
dopo la Rivoluzione

L'Avana - E' tornato a farsi sentire. Lo imponeva il calendario. Per il 50° anniversario della rivoluzione cubana Fidel Castro ha parlato ai propri concittadini: "Faccio gli auguri al nostro eroico popolo". Il messaggio del "lider maximo" ed ex presidente cubano è stato pubblicato, come nelle migliori tradizioni, sul quotidiano ufficiale "Granma". Il giornale scrive che il presidente, Raul Castro, pronuncerà il discorso di celebrazione nel Parque Cespedes di Santiago de Cuba (900 chilometri a est dell’Avana).

Cinquant’anni dopo Dopo mezzo secolo dalla rivoluzione Cuba vive ancora senza libertà, con indicatori economici da Terzo Mondo. Al contempo alcuni indicatori sociali - istruzione e sanità - sono da Paese sviluppato. Nonostante l'aspettativa di vita elevata e l'altissima alfabetizzazione, però, al popolo cubano manca il "cibo primario", la libertà. La propaganda continua a lavorare come una volta eppure gli sforzi mediatici non bastano. Gli obiettivi per cui Castro aveva imbracciato il fucile sono lontani dall'essere raggiunti. Sono promesse non mantenute per le quali il lider maximo non ha mai accettato di farsi giudicare, come sarebbe avvenuto in qualsiasi democrazia del mondo. Ma Cuba non è un Paese democratico. Il regime nato dalla cacciata del "sergente" Fulgencio Batista si è trasformato, fin da subito, in una nuova dittatura. 

Un programma non realizzato La Rivoluzione che il primo gennaio del 1959 trionfò all’Avana predicava l’uguaglianza sociale, la distribuzione delle risorse, la giustizia sociale. Ma la realtà, purtroppo, è diversa da come viene dipinta dalla propaganda. I cubani continuano infatti a essere divisi, non solo ideologicamente (tra difensori e detrattori del comunismo) ma soprattutto economicamente: fra coloro che hanno accesso alla valuta "convertibile" (chi opera nel turismo o ha familiari all’estero) e chi invece deve vivere del proprio lavoro, a uno stipendio medio di 408 pesos mensili (circa 12 euro). I primi possono permettersi televisori, dvd e pc, autentici oggetti di culto da quando il governo ne ha liberalizzato la vendita, all’inizio del 2008: gli altri devono fare i conti per potersi procurare i generi di prima necessità, obbiettivo difficile visto che molti generi alimentari hanno prezzi simili a quelli europei.

Turismo, boccata d'ossigeno Molti cubani preferiscono rimanere disoccupati e cercano di sbarcare il lunario grazie ai soldi dei turisti, lavorando da tassisti o camerieri; il governo obietta che tali calcoli non sono equi, giacché ogni cittadino ha una tessera di razionamento che garantisce prodotti alimentari a basso prezzo, oltre a sanità e istruzione gratuiti. Se ancora oggi non c’è posto per la dissidenza - i detenuti politici sarebbero almeno 200 - e la critica agli Stati Uniti e all’embargo imposto dal 1963 è incessante, la televisione trasmette tutte le ultime serie americane, a volte in versione pirata (ma con il logo originale cancellato).

Timide riforme Raul Castro, che ha preso le redini del potere dal fratello Fidel nel febbraio del 2008, ha iniziato con delle timide riforme specie in campo agrario ma la misura più polemica è la legge contro l’accaparramento, promulgata dopo gli uragani "Gustav" e "Ike" e che impone un tetto massimo agli acquisti individuali e ha di fatto messo alle corde il mercato nero di cui vive la maggior parte della popolazione. 

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