Braschi adesso guarda il Duomo

L’ex vincitore di Masterchef da pochi mesi cucina al View di Glamore Group davanti alla “Madunìna”, dove propone un menu tradizionale e un altro molto provocatorio. Con un orecchio di coniglio che si fa cracker, un pesce gatto che fa un viaggio nei mari del Nord, una bruschetta-brodo e i due dessert col pesce... Il talento c’è, se il giovane chef imparerà a dosarlo il futuro sarà suo

Braschi adesso guarda il Duomo
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Tra i tanti fuoriusciti di Masterchef, il talent culinario di maggior successo in tv, non molti sono riusciti a ricavarsi un loro spazio nel mondo della ristorazione vera, assai più spietato di quella praticata in uno studio televisivo. Tra i pochissimi che hanno fatto parlare di sé c’è certamente Valerio Braschi da Sant’Arcangelo di Romagna, che vinse la sesta edizione all’età di 18 anni grazie a intuizioni decisamente originali che colpirono i giudici (che allora erano quattro: Antonino Cannavacciuolo, Carlo Cracco, Joe Bastianich e l’inossidabile Bruno Barbieri).

Da allora Braschi ne ha combinate di cotte e di crude. Ha messo la lasagna in un tubetto e la carbonare in un bicchiere nel suo ristorante romano, il 1978. Poi è sbarcato a Milano, dove ha cucinato fino all'anno scorso al Vibe, un locale che ha diviso pubblico e critica ma ha comunque smosso le acque. E da qualche settimana eccolo al View, al quinto piano di Piazza del Duomo 21, nel locale del Glamore Group, con una vista spettacolare sul cuore della città.

Il View è diviso in due aree. La prima, subito dopo l’ingresso, è più riservata e adatta a una cena fine dining, mentre la seconda, quella della terrazza, è forse più adatta a chi si spinge fin quassù per bere un cocktail. Ma entrambi glia ambienti sono permeabili.

View, ristorante

C’è una carta con quattro antipasti, quattro primi, cinque secondi e quattro dolci piuttosto tradizionali, un compromesso accettato da Valerio per avere carta bianca nel menu degustazione (a 150 euro) verso il quale mi dirigo con sprezzo del pericolo. La scelta si rivelerà felice. Parto con un tris di snack: una Sfera con ripieno di amatriciana in cui manca la parte dolce del pomodoro e glassato di pecorino. Poi una Tartina con crema di salmone affumicato e un Finto pomodoro con fegato di pollo, tartufo nero e glassa di cioccolato bianco. Il tutto accompagnato da una Bruschetta al pomodoro in brodo che diverte e sorprende.

Poi, dopo l’arrivo in tavola di una tavolozza con quattro oli da accompagnare al buon cestino del pane, ecco l’interessantissimo Calamaro con salsa chimichurri nikkei, con bottarga greca di merluzzo conservato nella cera d’api con granita di pomodoro; e la Gola di baccalà cotto in oliocottura, con crema di peperone dolce, cracker di peperone con maionese al rafano, crema di uova di salmerino. Quindi un piatto coraggioso: un pesce gatto, così tristemente trascurato dalla scena gastronomica italiana, cotto alla griglia e che fa un viaggio nei Paesi del nord con un accompagnamento a base di panna, aneto, uovo di muggine affumicate e patate.

Piccola pausa ed ecco un salto triplo. Un coniglio declinato crudo marinato con carote, cipolla agrodolce, carciofo, salsa alla cacciatora (ottimo), in essenza a fiancheggiare un’ostrica gillardeau (troppo remissiva) e un orecchio croccante con aceto (notevole, una volta superata la strana sensazione di mangiare l’orecchio di un coniglio). Poi lo Spaghetto con sette tipologie di pomodori fermentati, con pesce bianco, in questo caso astice affumicato. Ottimo. Infine il piatto forte: un Glacier 51 (merluzzo pescato al 51° parallelo, la zona magica per questo pesce) con fondo di rubia gallega.

Capitolo dolci: l’Errore perfetto, un gelato sciolto al pepe sansho (che ha un forte sentore di citronella), gel di bergamotto e caviale di muggine affumicato, che vive di accostamenti contrastati ma alla fine felici. E il Gelato alla panna con lime e riccio di mare giapponese, che ha una nota più dolce rispetto al nostro.

Braschi si mostra in forma, pieno zeppo di idee, forse perfino troppe. Tra le quali la continua ricerca di un equilibrio tra carne e pesce. Quando imparerà a dosare la fantasia e l’impressione che suscita talora di voler provocare a tutti i costi potrebbe diventare davvero bravo e ambire ai massimi traguardi. Per il momento gratifica i milanesi di un’esperienza interessante ed elettrizzante, con un paio di episodi davvero avvincenti. Bravo.

Si può bere vino attingendo da una carta

di buona fattura oppure sorseggiando un cocktail in arrivo dal bar. Il servizio deve invece essere un po’ registrato, è un po’ troppo presente e verboso. Ma sono cose che possono essere registrate. Vale la pena aspettare.

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