Cucina di confine quella del ristorante I Balzi Rossi di Ventimiglia. Ma nel vero senso della parola: sulla terrazza a picco sul mare si osserva il valico di frontiera tra l’Italia e la Francia e poco più avanti il centro di Mentone mentre Ventimiglia è alle spalle. Ma si tratta di una cucina di confine anche tra certe sussiegose liturgie del fine dining e una proposta più scanzonata, e tra un luogo di grande tradizione e il desiderio dello chef, Enrico Marmo, di guardare molto avanti.
I Balzi Rossi è un locale dalla storia avvincente. Creato nel 1982 nei pressi dell’omonima spiaggia e del complesso di grotte scoperte nell’Ottocento con numerose tracce del paleolitico, è stato dominato per molti anni dalla figura di Pina Beglia, volitiva cheffe e patronne che con la sua cucina profondamente ligure riuscì a conquistare una stella Michelin nel 1985 e addirittura due a partire dal 1991, anno in cui secondo la guida rossa questa era la migliore tavola di Liguria. Poi un lento declino, le stelle diventano da due diventano una, poi spariscono, e a un certo punto, nel 2016, a cucinare a fianco alla Beglia arriva un giovane astigiano, Marmo, appunto. Che poi andrà via e tornerà un paio di anni fa per prendere in mano da solo il locale. E magicamente ecco tornare la stella.
Marmo fa una cucina rigorosa e in presa diretta: utilizza solo gli ingredienti di giornata e di mercato, se lo scampo non c’è non lo mette in menu, le erbe e gli ortaggi sono quelli dell’orto che dal mio posto posso vedere quando lui me lo indica oppure quelle spontanee degli scogli che ci circondano, la salicornia, l’acetosella. Il pane viene fatto in casa ed è buonissimo (ahimé: ne mangerò ben tre fette nel corso della cena per non parlare della focaccia alla ligure, la migliore della mia vita), la pasta anche. Tutto quello che può essere autoprodotto lo è. Il resto arriva da produttori selezionati, l’olio ad esempio dal frantoio Sant’Agata di Oneglia. Non perché Marmo sia snob o voglia fare il fenomeno, semplicemente perché per lui si lavora così, mantenendo il controllo di tutto il controllabile: la stagione, il clima e l’estro, quelli non sono governabili.
La carta dei Balzi Rossi è piuttosto scarna, una decina di piatti tra classici (i Ravioli della Pina, datati 1982, gli Scampi locali cotti sulla brace di legno di olivo) e qualche intuizione (Animella ed erbe amare), ma il meglio Marmo lo riserva al menu Momento, che fotografa letteralmente in modo fulmineo le idee e gli ingredienti di giornata. Cinque o sette portate rispettivamente a 120 e 140 euro. Io mi sono avviato su questa strada. Partenza con qualche snack, tra i quali va evidenziata la Tartelletta a base di tartare di tre tipi differenti di pomodoro: cuore di bue, pachino e san marzano. Sopra, della maionese alla bottarga. Poi una interpretazione del Condiglione, piatto tipico ligure in cui si mette quel che c’è in fatto di verdure: in questo caso una crema di avocado alla base, pesche marinate, basilico, pomodori confit, carpaccio di pomodori e begonia. Dolcezza e acidità che si spalleggiano senza primeggiare. Poi uno straordinario Potage, una zuppa tiepida di verdura tipica del Sud della Francia: qui alla base ci sono zucchine e fagiolini, che avvolgono i trancetti di spada cotti alla griglia e dei nervetti di maiale che donano texture, quindi foglie di begonia e una spuma fatta con le cozze. Un piatto davvero di grande rilevanza.
I primi: dapprima arriva un Bottone ripieno di melanzana alla parmigiana con scampi marinati all’origano e colatura di pomodoro in insalata, confortevole e dal sapore pieno, poi i Tajarin con ragù tiepido da tradizione piemontese (Enrico mi confesserà che il piatto corrisponde a un suo ricordo della domenica sera da bambino, quando gli avanzi del pranzo si mangiavano a temperatura ambiente), solo che qui il ragù è di mare, con triglie alla livornese e lumachine di mare cotte nel grasso di capra, ciò che fa rima con il formaggio di capra che viene grattato sopra. Voglia di domenica sera anche se è mercoledì.
Ed ecco la Ventresca di tonno cotta alla brace: viene servita come supporto di una insalatina di cicoria cotta con salsa olandese al miso e terminato con salsa cacciatora realizzata con fondo di pollo e fondo di tonno e un po’ di olive nere taggiasche. Accanto una tatin alle prugne. E’ il piatto che mi convince meno in un percorso di grande gioia, ma tutto dipende come sempre da sensibilità personali e anche da una certa mia stanchezza a questo punto del percorso. Mi riprendo in tempo per godere di una sontuosa edizione del Coniglio alla ligure spacchettato in vari episodi, varie fasi: gambetto cotto in casseruola con olive, pinoli e biete, come pura la sovraccoscia disossata marinata con vino, acqua, spezie e cotta alla plancha, poi costine fritte con patate, il cervelletto reso in mousse con il cipollotto, lo spiedino con focaccia, lingua, cuore, rognone e fegato.
Un predessert insolito: panna infusa alla salvia, limone sotto sale, caviale e polvere di lattuga di mare. Quasi spirituale. Infine l’Unexpected chocolate, una mousse di cioccolato fatta senza utilizzo di uova, grassi o zucchero, bensì con l’acqua di cottura dei ceci, un croccante al cioccolato al 75 per cento del Nicaragua, polvere di olive taggiasche, e dell’olio d’oliva che dà grassezza ed eleganza.
La sala
è guidata dal bravo Giuliano Revello, la cantina – apprezzabile per il buon rilievo dato ai vini del territorio, proposti anche a me in varie etichette, e per i ricarichi onestissimi – è guidata dal bravo Lorenzo Moraldo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.