
Francesco Sanapo è uno dei personaggi che sta cercando di riportare l'eccellenza nel mondo della caffè italiano. Salentino di nascita, fiorentino di adozione, scopre presto il mondo dello specialty coffee, il caffè di alta qualità dalla filiera corta e trasparente, quando in Italia è ancora sconosciuto, e decide di inventare un nuovo tipo di caffetteria tradizionale ma dal respiro internazionale. Nasce così Ditta Artigianale, che nel 2014 apre il primo store a Firenze e oggi conta su sei negozi nel capoluogo toscano e, dall'ottobre 2024, uno a Milano, in corso Magenta. Ma Sanapo è anche tre volte campione italiano dei baristi, «cup taster», ovvero assaggiatore professionale, consulente e divulgatore.
Sanapo, qual è lo stato di salute del caffè in Italia?
«L'Italia ha giocato un ruolo importantissimo nella storia e nel racconto nel caffè. In Italia sono nate le industrie che conosciamo, che però sono industrie e quindi hanno un po' dimenticato quella passione e quell'amore per la materia prima che ora sta tornando a galla, grazie a una nuova generazione di baristi, di coffee lover, di torrefattori che stanno riportando l'Italia dove è giusto che sia».
Però secondo molti la tazzina del bar sotto casa è piuttosto scadente...
«È vero che oggi in Italia il 90 per cento del caffè che si beve è frutto dalla noncuranza. Non si sa che cosa si beve, non si conoscono le macchine, la formazione e la motivazione dei baristi sono lasciate al caso. Ma certo l'industrializzazione del caffè non ha portato grande aiuto, il prezzo della tazzina non ha portato grande aiuto, il salario basso dell'operatore non ha portato grande aiuto all'evoluzione del prodotto. Nessuno investe sulla formazione del barista perché costa tanto».
Ma come fa un cliente medio a capire se in un bar berrà un buon caffè?
«Deve chiedere dove viene prodotto quel caffè. Se le risposte non ci sono vuol dire che non c'è attenzione per il prodotto. Certo si potrebbe anche cercare di capire se la macchina è pulita, se il tempo di estrazione è quello giusto, ma uno non può stare là con il cronometro. Ma se chiedi al barista che caffè sta per servirti e ricevi una risposta entusiasta ed entusiasmante, con tante informazioni, potrei star certo che quel barista ha la macchina pulita, che porrà attenzione all'estrazione. Bisogna avere quella curiosità che nel vino il consumatore medio attiva».
Un luogo comune vuole che all'estero si beva un caffè peggiore che da noi...
«No. All'estero possiamo trovare caffetterie dove il livello del caffè è molto meglio che in Italia.
Quanto al livello medio, il caffè è meglio da noi perché siamo più costanti, abbiamo comunque una cultura che arriva da secoli di storia. Fuori dall'Italia la cultura del caffè è arrivata dopo, chi ha deciso di fare qualità ha puntato sull'eccellenza assoluta».