La rinascita gastronomica dell’Umbria
. L’avanguardia rianima la tradizione

Una generazione di giovani chef, alcuni non autoctoni, rende la regione nel cuore dell’Italia una destinazione finalmente molto interessanti per gli amanti del fine dining

La rinascita gastronomica dell’Umbria
. L’avanguardia rianima la tradizione
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L’Umbria è una delle regioni gastronomicamente più sottovalutate dell’Italia, ma forse qualcosa sta cambiando, se è vero che poco più di un mese fa ha visto letteralmente raddoppiare le sue stelle Michelin, da tre a sei. Merito di un territorio che sta crescendo, della capacità di un manipolo di giovani chef di rinnovare una cucina fino a ieri un po’ troppo seduta su una tradizione vigorosa ma un po’ flaccida.

Un itinerario nell’Umbria gourmet non può che partire dalla “capitale”, Perugia, e dall’Acciuga, uno dei primi locali della regione a svecchiare la proposta grazie all’opera dello chef Marco Lagrimino, giovane ma già ricco di esperienze in giro per il mondo. Il nome del locale è un manifesto: un pesce povero ma ricco di sapore, come la cucina di Marco, che punta a un’opulenza elegante. Prova ne siano i due menu (Conoscersi a 80 euro, Fidarsi a 95), il primo come indica il nome più prudente, il secondo più hardcore. Tutti piatti giocano sul dualismo tra due ingredienti (Riso/Fieno, Melone/Ricotta, Funghi/Noci, Triglia/Coniglio) in un gioco di equilibrismo quasi sempre riuscito. Non potrà che crescere. In via Settevalli 217, appena fuori dalla città.

La prima stella dell’Acciuga ha portato bene a Perugia, che quest’anno ha bissato con Ada (via del Bovaro, 2), questo sì in centro storico, dal nome della chef Ada Stifani, bizzarro incrocio di terre: lei è salentina, vive in Umbria dagli anni Novanta ma ha una passione per i cibi etnici. Questo crossover si ritrova in piatti estremamente interessanti, come lo Sgombro con melone e caffè, la Mezzaluna di patate di Colfiorito con arachidi e finocchietto, il Carciofo con zabaione speziato e more, il Piccione con patè, mais e quinoa, la ciaramicola con ricotta di Montecristo, frutto della passione e sesamo nero. Tre i menu degustazione: il materico Percepire (75 euro più 35 per l’eventuale abbinamento vini) e il futuristico Storytelling (90 più 50).

Il vero enfant prodige della cucina umbra appare al momento Andrea Impero, 33 anni, che a Elementi, a Torgiano, sta completando un percorso di maturazione davvero travolgente. Ciociaro di Ferentino, passato in Campania, presente in Umbria, nelle sue ricette si leggono riferimento a questi tre vivaci territori. Già dal prologo (Pane, salame e farro) si legge l’intenzione di citare le origini agresti della cucina centro-italiana. Poi episodi interessanti come Colpa d’Alfredo, un porco cinturello “Urbevetus”, ne La Zia (minestra di broccoli e arzilla), nella sublime Pasta&Cipolla, nel nostalgico CCCP (cicoria, cacio, ceci e pepe), nel mieloso Il Poeta (cuore di manzo, polline e cera d’api). Due menu degustazione: Visione e Ispirazione, entrambi a 100 euro (con 60 euro di abbinamento vini).

Nell’Umbria che dà sulle Marche, a Capodacqua, un altro locale emergente: Une, che significa acqua, e si trova in un ex mulino seicentesco nei pressi di Foligno. Qui il giovane chef Giulio Gigli, con importanti esperienze in ristoranti importanti come Disfrutar e Il Pagliaccio, parte da ingredienti del territorio circostante che innerva con tecniche, suggestioni e ingredienti di tutto il mondo. Il progetto prevede ancora una grande attenzione alla sostenibilità, al riutilizzo degli scarti, alla stagionalità e alle relazioni sociali. Due i menu: Acquedotto (cinque portate, 60 euro) e Relazioni (sette portate, 80 euro), entrambi legati alle stagioni.

Scendiamo nel Sud dell’Umbria, nella provincia di Terni. Qui troviamo due stellati: uno è lo storico Casa Vissani del nume tutelare della cucina umbra, Gianfranco, che ha ormai messo la cucina nelle salde mani del figlio Luca. La cucina resta di altissimo livello, anche se sono lontani i tempi in cui qui si faceva avanguardia. Il menu Oro è il più tradizionale (145), quello Rosso il più gaudente (165), quello Verde il vegetale (145), quello Blu l’acquatico (185) e quello Black l’avanguardista , con inediti e sorprese (235). A Norcia, all’interno dell’hotel Palazzo Seneca, ecco invece Vespasia, condotto a quattro mani da Fumiko Sakai e Flavio Cappiello.

Notevole la capacità di interpretare il territorio con grande creatività: si veda l’Animella di Vitello laccata alla Birra Nursia con visciole e salsa di rucola e il Luccio alla mugnaia con variazioni di broccoli, pepe sansho e kombucha. Quattro menu: il Degustazione a 160, Il Terra a 112, l’Acqua a 112 e l’Orto a 94.

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