
Se c’è un ristorante che rappresenta appieno la capacità di essere al contempo classici e contemporanei, ebbene questo è il San Domenico di Imola, che non ha mai tradito la sua storia ma resta sempre lì, tra le tavole migliori dell’Emilia-Romagna (Imola peraltro si trova proprio al confine storico tra i due territori, anche se gli imolesi ci tengono a sentirsi appieno romagnoli) grazie alla capacità di rinnovarsi.

Il San Domenico vanta due stelle Michelin da decenni ed è il secondo più longevo ristorante stellato senza interruzioni dopo il Dolada di Pieve d’Alpago, in Veneto. La prima stella arrivò nel 1975 e la placca rossa è rimasta sull’insegna per mezzo secolo, modificandosi solo il numero dei “macaron”. La sua gloriosa storia è quella di alcune persone straordinarie. Primo fra tutti Gianluigi Morini, appassionato di cucina e di arte, che il 7 marzo 1070 aprì questo locale borghese nel senso migliore del termine: voleva infatti riprodurre una cucina elegante eppure tradizionale, che guardava a un contesto da salotto buono: per questo riempì i locali di arredi, oggetti e opere d’arte e le tavole di tovaglie di lino e bicchieri di cristallo.

Morini riuscì anche nel colpaccio di convincere il grande Nino Bergese, il “re dei cuochi e il cuoco dei re” per la sua carriera trascorsa nelle cucine delle grandi famiglie italiane, strappandolo alla pensione. Bergese riempì il San Domenico di lampi di genio e crebbe al suo magistero l’allora giovane Valentino Marcattilii, che segnerà i decenni successivi del ristorante imolese. Fu lui a creare alcuni dei piatti storici, taluni ancora in carta, come il celebre Uovo in raviolo, del quale Marcattilii tuttora dice che è come “Il Cielo in una Stanza” di Gino Paoli, un classico che non si stanca mai di proporre. Oggi la cucina è guidata dal nipote di Marcattilii, Massimiliano Mascia, altra personalità rimarchevole malgrado ancora “under 40”. Mascia ha idee chiare e la fiducia per realizzarle. Continua a proporre una cucina coerente con la storia del locale, rinuncia a eccessi sperimentativi e punta molto su una tecnica inappuntabile e su ingredienti di altissimo livello.

Una cena (o un pranzo) al San Domenico è un’esperienza senza tempo, ti trasporta in una dimensione molto lontana da certe stilizzazioni del fine dining contemporaneo. Una esperienza spessa, viva, umorosa, piena di espressività. Io poi ho avuto la fortuna di viverla nella cosiddetta Saletta 22, una sorta di privé che affaccia direttamente sulla cucina che Mascia un paio di anni fa ha interamente rifatto, trasformandolo in un autentico teatro dei sapori che si gode attraverso un vetro incorniciato. Il mio percorso è partito con una serie di snack (tra essi una Tarte con mousse di robiola e paprika dolce, una Chips di tapioca con tartare di salmone e maionese al wasabi, un Biscotto al parmigiano mousse di mortadella e pistacchio, dei piccoli Toast classici e i Tortellini fritti). Poi le Punte di asparagi, con aspic di asparagi, condimento mimosa e mousseline all’aceto balsamico (uno dei piatti migliori della serata), un Gambero rosa avvolto in sfoglie di rapa rossa, crema acida con uova di salmone, mais tostate ed erba cipollina, i Garganelli al pettine di Imola, con riduzione al vino bianco crostacei e caviale, il mitologico Uovo in raviolo con parmigiano e tartufo bianchetto (ma nella stagione giusta può essere quello bianco), l’Animella con insalatina tiepida di spugnola, riduzione al vermouth Sando e tartufo nero e il Piccione: petto con il suo fondo al wasabi, la coscia croccante alle mandorle, crema di sedano rapa e cavoletti di Bruxelles, e in accompagnamento i fegatini di piccione glassati ai mirtilli. Chiusura dolce con il Biscotto al cacao con cremoso al caramello salato, gianduia, gelato al cioccolato al 55 per cento e gel ai mirtilli e con la Barretta al caffè con cremoso al mascarpone e caramello al caffè.

Il menu che riassume il momento di Mascia è l’Assaggi (210 euro, 140 il pairing), ma chi vuole non avere steccati può scegliere dalla carta. C’è anche un Menu della Coppia a 180 euro, mentre a pranzo nei giorni feriali una formula un po’ più agile propone divertimenti+primo+secondo+dolce+piccola pasticceria a 70 euro e sinceramente in Italia è difficile mangiare meglio a quel prezzo. Altra idea da applaudire il menu Mercoledì 70, rivolto a tutti coloro nati, come il ristorante, dal 1970 in poi: 150 euro per un percorso di sette portate vini compresi. Disponbile dal martedì al giovedì.

La cantina è sontuosa, frutto di un accumularsi di pensieri e degustazione. La gestisce il bravissimo Francesco Cioria, che a 36 anni è già riconosciuto tra i migliori sommelier italiani. Farsi guidare da lui è un piacere. La sala è guidata da Natale e Giacomo, de generazioni e la stessa classe. C’è anche un tavolo in cucina per un aperitivo “rinforzato” riservato a clienti con più curiosità che fame.
Il San
Domenico è in via g. Sacchi 1, nel cuore di Imola. Il telefono è lo 05422900. E’ aperto a pranzo a cena dal martedì al sabato, chiuso per l’intera domenica e l’intero lunedì (e da maggio a settembre anche il sabato a pranzo)- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.