Il Vermentino Nero non è solo un vitigno bianco. C’è anche il suo fratello nero, originario di quel fazzoletto di movimentata terra che sta tra la fascia costiera dell’alta Toscana e l’estrema Liguria di Levante. Tra le prime aziende a crederci fortemente è stata Lunae, che all’inizio del millennio ha impiantato un vigneto di circa 3 ettari su un terreno di medio impasto, e nella zona della piana di Luni, prevalentemente sabbiosi.
Questi due differenti terroir, ben combinati tra di loro, danno vita a un vino di elegante ed equilibrato e dall’impronta fortemente territoriale.
La vinificazione è condotta con grande attenzione, la fermentazione avviene in acciaio a temperatura controllata con una permanenza sulle bucce di circa 10 giorni e un successivo affinamento in botte grande di legno non eccessivamente lungo. I profumi giocano più in levare che in battere, ci sono note floreali delicate, frutti rossi, una venatura speziata davvero piacevole. Al palato il Vermentino Nero Lunae (un Liguria Levante igt) è fresco e beverino, molto scattante, con tannini fitti ma non troppo ruvidi e un finale ammandorlato che richiama un nuovo sorso.
Il Vermentino Nero è una chicca all’interno di una produzione che naturalmente si incentra principalmente sul Vermentino Bianco, interpretato in tre differenti etichette: l’Etichetta Nera (assai complesso anche grazie all’affinamento sulle fecce fini per almeno quattro mesi), l’Etichetta grigia (di giusto equilibrio) e l’Etichetta Bianca, più elegante. Il resto della carta prevede gli autoctoni bianco Albarola e rosso Ciliegiolo, i cru Cavagino e Numero Chiuso (entrambi ancora a base Vermentino) e Niccolò V Riserva (a base Sangiovese, Merlot e Pollera Nera), i rossi Niccolò V, Auxo e Circus, il Vermentino passito Nektar, il rosato Mearosa (da uve Vermentino Nero con macerazione sulle bucce di otto ore) e lo Spumante Cuvée Lunae, un Brut metodo classico.
Lunae è un progetto condotto dalla famiglia Bosoni, che si ricollega esplicitamente all’antica colonia romana Luna, fondata nel 177 avanti Cristo, alla sua tradizione vitivinicola raccontata già da Plinio il Vecchio.
Quello che papà Paolo e i figli Diego e Debora hanno aggiunte, oltre alle moderne tecnologie, è uno sguardo “sociale” alla produzione di vino: la coltivazione di soli vitigni autoctoni, la valorizzazione del terroir, la cooperazione tra gli uomini, tra le loro sapienze e le loro personalità, l’idea che il vino sia un essere vivente, che va accompagnato e non forzato, rispettato e non violato. Deve essere il vino a dire chi è e non rappresentare l’identità e il pensiero di chi lo fa. Tutto questo è rappresentato da un breve manifesto che appare quasi una lettera d’amore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.