Cud 2006, ovvero il burocratese al potere

L’Agenzia delle Entrate disattende la direttiva Baccini: frasi di 80 parole e abbondanza di espressioni complicate

Daniele Colombo

«Il burocratese è una realtà con cui la società civile è effettivamente ancora costretta a misurarsi». Così Mario Baccini, ministro della Funzione Pubblica, si esprimeva lo scorso 3 novembre intervenendo al Salone europeo della comunicazione pubblica di Bologna. Parole che seguono la pubblicazione di una precisa direttiva al riguardo (24 ottobre). Peccato però che l'Agenzia delle entrate, pubblicando sul proprio sito Internet il nuovo modello Cud 2006 con relative istruzioni di compilazioni (la novità è la comunicazione dei meccanismi di ripartizione per chi sceglie di non devolvere l'otto per mille) abbia disatteso il volere del ministro. Ecco infatti l'incipit delle informazioni per il contribuente: «La certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente, equiparati e assimilati deve essere consegnata, in duplice copia, al contribuente (dipendente, pensionato, percettore di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente) dai datori di lavoro o enti eroganti e dagli enti pubblici o privati che erogano trattamenti pensionistici, entro il 15 marzo del periodo d'imposta successivo a quello cui si riferiscono i redditi certificati ovvero 12 giorni dalla richiesta del dipendente in caso di cessazione del rapporto di lavoro».
Ben 80 parole per esprimere un concetto. Eppure la recente direttiva sulla semplificazione del linguaggio delle pubbliche amministrazioni è chiarissima: «Per la sintassi preferire frasi brevi formate da meno di 15 parole; escludere frasi con più di 40 parole». Andando avanti nella lettura dell'ostico documento ci si imbatte in frasi simili: «Qualora il contribuente intenda utilizzarla (la certificazione, ndr) per effettuare la scelta in ordine della destinazione dell'otto per mille dell'Irpef, essa deve essere acquisita dal ministero dell'Economia e delle Finanze e dall'Agenzia dell'entrate, ovvero dagli intermediari abilitati alla trasmissione telematica». Un altro «sfregio» alla guida Baccini che invece bolla il «qualora» come uno dei peggiori utilizzi di burocratese, suggerendo perfino degli esempi di traduzione («qualora la data di scadenza coincidesse... » diventa «se la data di scadenza coincide... »).
In solo quattro pagine si consumano altre trasgressioni come l'uso generoso della subordinazione («privilegiare la coordinazione»), il ricorso alla costruzione passiva («usare se possibile la forma attiva») e l’utilizzo di «all'uopo» invece di «allo scopo». E se il buongiorno si vede dal mattino, freme l'attesa per il fascicolo di istruzioni al modello Unico 2006 per le persone fisiche che, nell’edizione 2005, brillava per l'uso della parola «istanza» (10 presenze) che il dipartimento della Funzione pubblica invita caldamente alla sostituzione con «richiesta».
Ma non è tutto da buttare. Gli enti pubblici si stanno prodigando per svecchiare un linguaggio artificiosamente aulico, anche se talvolta con esiti comici.

È il caso dell'agenzia del Territorio della provincia di Milano che nella datazione delle lettere ha trasformato il vecchio «li» nel più comprensibile «lì». Peccato però che quello era un articolo e questo un avverbio di luogo.

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