Cultura e società

Spade e preghiere: ecco le "armi" delle monache buddiste del Kung Fu

Lo stereotipo delle suore tutte preghiera e convento non si addice alle monache del Kung Fu dell’antico ordine buddista Drukpa. Allenamenti, arti marziali, lavori pesanti, interessi eco tecnologici mixati alle orazioni: ecco svelato il volto inedito delle sorelle di Kathmandu

Spade e preghiere: ecco le "armi" delle monache buddiste del Kung Fu

Una agile suora in monopattino dalle leggiadre vesti e velo svolazzanti sfreccia sicura nel traffico del centro di Roma sotto lo sguardo sorpreso e divertito di automobilisti e pedoni. Qualcuno riprende la “trasgressiva” scena e posta il video in rete che, neanche a dirlo, diventa virale e si riempie di commenti ironici.

Fortunatamente, andare in monopattino non è moralmente imprudente o peccaminoso per le sorelle ma il sospetto è che lo stereotipo delle “suorine” tutte preghiera e convento abbia perso il suo smalto.

Oltre il velo e il rosario c’è molto di più.

Studiose, lavoratrici, impegnate su ogni fronte, pragmatiche e combattive. E non solo di spirito.

Almeno per le omologhe buddiste note come le monache del Kung Fu.

Non è abbastanza meditare su un cuscino dentro un monastero, afferma tranchant la giovane suora Konkchok Lhamo, appartenente all’antico ordine religioso.

E infatti sedute ci stanno davvero poco queste sorelle.

Altro che monopattino e vento tra il velo. Qui, nel monastero Druk Amitabh alla periferia di Kathmandu, capitale del Nepal, si sventolano spade, numchackos, machete, si apprendono le arti marziali e si praticano il Kung Fu e il cross country con bici da montagna.

Gli allenamenti duri che si tengono alle prime ore dell’ alba prevedono un riscaldamento intenso: flessioni, stretching. E poi vere e proprie coreografie sincronizzate con ruote, calci, pugni sferrati al vento. Un esercizio propedeutico ai pesanti lavori manuali che richiedono forza ma anche a quelli spirituali della meditazione e alla preghiera che implicano concentrazione.

Le arti marziali aiutano a sviluppare l’autostima e a rompere le barriere di genere”, si legge sul loro sito web scarno ma essenziale dove le foto raccontano più delle parole.

E spiegano che “stanno ritornando alle loro originali radici spirituali promuovendo l’uguaglianza di genere tra le donne e le bambine, l’importanza della forma fisica e modi di vivere compatibili con l’ambiente insieme al rispetto per tutti gli esseri viventi, animali compresi…. abbiamo iniziato a imparare il kung fu per auto difesa e questo ci ha aiutato a mantenere la concentrazione durante la meditazione, aumentando la forza fisica e lavorando duro per il prossimo”.

E quando intendono lavoro duro si riferiscono per esempio alle operazioni di soccorso durante il terribile terremoto di 7.9 gradi avvenuto in Nepal nel 2015 dove le sorelle, con l’aiuto della associazione Live to Love furono tra le prime a prestare la loro opera raggiungendo a piedi le aree più sperdute ancor prima che potessero arrivare gli elicotteri.

Soccorritrici, dunque, ma anche muratori capaci di ricostruire le case (201 abitazioni nuove) per i terremotati.

Esperte tecnici di pannelli solari e del loro approntamento e all’occorrenza infermiere a fianco dei dottori che operano gratuitamente in speciali accampamenti in aree remote del Nepal quei pazienti affetti da cataratta che altrimenti non potrebbero curarsi.

E poi eccole in tenuta da cicliste protette da elmetti e ginocchiere, inzaccherate di fango con zaini in spalla ad affrontare salite importanti per promuovere il valore della pace e i mezzi ecologici di trasporto.

O ancora a piedi in fila indiana su un sentieri di alta montagna tra la neve a macinare chilometri a piedi come quando si cimentano nelle “Eco Pd Yatras” delle spedizioni che durano più di 400 miglia durante le quali raggiungono aeree sperdute e si impegnano nella raccolta di rifiuti e plastica per portare un messaggio educativo anche agli abitanti più isolati.

Si legge sul sito “questi eventi ci portano lontano dai conventi per mesi nei quali capita di affrontare pioggia, neve, valanghe. Abbiamo visto di tutto”. Ma gli impegni non finiscono qui, le sorelle usano il tempo anche per attività di soccorso per gli animali e ritagliano momenti per la musica, la danza e il teatro.

Tutte conquiste per le monache alle quali fino 30 anni fa era proibito allenarsi fisicamente e cimentarsi in molte altre occupazioni, tra cui il canto, consentite solo ai monaci maschi.

É stato grazie al movimento riformista dell’ordine Drukpa che mirava a portare all’esterno del monastero il messaggio spirituale delle sorelle, che le regole del gioco sono cambiate.

Non senza ostacoli, rappresaglie ed episodi di scherno. Uno scotto da pagare per essersi discostate dai tradizionali ruoli di cuoche e addette alle faccende domestiche, dedite alla meditazione e preghiera che da secoli avevano ricoperti.

E tra tutti gli impegni il tempo dedicato alla meditazione e alle preghiere rimane centrale.

Ma svela il suo approccio ecologico.Tra le mani delle sorelle, meno carta e più i pad per ridurre inutili sprechi e manter fede alla loro anima green.

L’ordine delle suore è subissato di domande per prendere i voti.

Le richieste arrivano dal Nepal e dalla vicina India ma anche dagli Stati Uniti, dal Messico, dalla Germania e dall’Irlanda.

Essere una monaca Kung Fu dichiara al New York Times la sorella Jigme Yangchen Ghamo “non è per tutti, sembra attraente da fuori ma da dentro è una vita dura, fatta di regole rigide..perfino avere una tasca sulle nostre vesti può essere soggetta a restrizioni”.

In un post di Instagram delle Kung Fu Nuns si legge “un sogno non diventa realtà attraverso la magia ma attraverso sudore, determinazione e duro lavoro”.

Donne e monache avvisate.

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