Leggo il bell'intervento di Sergio Maifredi che mi richiama alla mente indirettamente quanto Lei ha scritto nell'articolo di fondo a proposito di un certo «male oscuro» che altrove in Liguria si avverte. Maifredi si associa all'idea di salvare l'Archivolto e vuole l'eliminazione della Sinistra teatrale. La fattibilità del progetto è tale che è impossibile dargli torto; difficile è invece (e forse ingiusto) eliminare la Sinistra teatrale. In un senso duplice: da un lato, come è universalmente noto, le nicchie-combriccole politicamente protette sono ovunque ardue da sradicare (sebbene è possibile, in determinati momenti, ridurle nella loro consistenza); dall'altro, l'idealità artistica (orientata a Sinistra) ha un suo diritto di esserci nell'ambito appunto della libertà di espressione.
Il guaio profondo è quello legato a tratti del costume mediterraneo (che pur con i suoi caratteristici lati positivi porta all'emergere di aspetti che altrove hanno un incidenza minore). Mi spiego: una gran parte di nostri connazionali sente l'esigenza di essere tutelata da «forme di protezione». Nel nostro mezzogiorno tale atteggiamento è accentuatissimo (e viene indicato attraverso il linguaggio con l'espressione «ricercare, avere un fratello forte»); credo che nell'ambito del territorio del lago di Como l'incidenza di questa mentalità, pur sussistendo, sia minore (donde la convinzione che l'Italia sia più unita e unitaria di quanto si immagini e tuttavia le convergenze non manchino di segnalare anche delle divergenze quantitative rimarchevoli).
La nostra Liguria, a partire dal capoluogo, subendo da non pochi decenni un vistoso declino è venuta metamorfizzandosi più in senso meridionale. Non a caso qualche slogan ironico parlava per la nostra regione come se fosse «il Sud del Nord» (anche perché - declino a parte - non la si poteva riconoscere - per ovvie ragioni storiche - appartenente alla Padania (bossiana). Ora, mi pare che sia accaduta una questione del genere: per anni anche coloro che non erano per nulla d'accordo con la religione-ideologia di Sinistra (a partire da Baget-Bozzo) hanno tenuto fermissima una lotta di tipo ideale mentre il disegno politico che sottendeva quella religione-ideologia (nella sua variante italiana) si veniva in ambito culturale impossessando di tutto il possibile (e anche di qualcosa di più). Non dimentichiamo che tutt'oggi Giampaolo Pansa denuncia la forza prepotente della Sinistra nell'editoria in genere (per non parlare del cinematografo). L'attenzione alla battaglia delle idee, un tempo, ha «depistato» (agli occhi degli spettatori) la concretezza tutta politica dell'impadronirsi delle strutture (e quegli insediamenti rischiano di sopravvivere a causa di generose opere di salvamento, perpetuando se stessi. Non parlo ora degli eventuali cambiamenti di «casacca» a mero titolo di sopravvivenza). Naturalmente è della massima pertinenza la domanda che Maifredi pone «Mi chiedo a volte se il centrodestra sia semplicemente a conoscenza dell'esistenza di questi luoghi di potere». Le altre domande conseguono inevitabilmente. Le strutture esistenti devono essere liberalizzate incondizionatamente ma questa esigenza deve necessariamente fondarsi su un'attenzione culturale che il centrodestra (anche se la possiede) sovente non lascia comparire. C'è come una forma di sudditanza nei confronti della cultura di Sinistra (incarnata da certi «mostri sacri» più presunti che tali) non dissimile da quella che un certo numero di arbitri di foot-ball ha avuto dal dopoguerra in poi nei confronti della Juventus. Alla fine decennio dopo decennio sono finalmente venuti alla luce «i mali oscuri» (che potevano ovviamente essere scoperti ben prima - perché gli spettatori e gli addetti ai lavori sono in genere tutt'altro che sciocchi -, se non ci fosse stata quella sudditanza che adesso veniva apparendo come una sorta di implicita involontaria complicità).
Ho l'impressione che ci troviamo di fronte ad un problema non facile da risolvere in maniera soddisfacente: da un lato l'individuazione di tutte le nicchie-combriccole (che per fortuna sono alla frutta perché incapaci di rinnovarsi in sintonia con quanto il pubblico «pagante» esige: e d'altra parte la finanza pubblica locale e nazionale di questi tempi non può che tenere stretti i cordoni della borsa), dall'altro impedire la solite forme di transumanza da uno schieramento all'altro (con l'intenzione di mantenere gli stessi privilegi). Non so se verrà fatto il famoso «esame del sangue» ma sarebbe opportuno (anche se ritengo che la rinuncia ai privilegi «datati» sia più che sufficiente).
Resta il problema della saldatura «utilitaristica» degli ideali con i lati oscuri del nostro costume tradizionale. Sembra che il nostro paese sia restio alla serietà e alla durezza della mentalità liberale: l'individualismo italiano non coincide con quello protestante (per certi versi può essere un bene, per altri è decisamente un male).
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