Adesso la gloria effimera dei best seller dimenticati si è incarnata in un libro

Esce una guida di Michele Giocondi sui romanzi più venduti tra il 1861 e il 1946. Tanti i nomi ormai "sepolti" accanto a quelli ancor oggi famosi della Invernizzi, di Salgari e di De Amicis

Adesso la gloria effimera dei best seller dimenticati si è incarnata in un libro

Senza bisogno di entrare, fermatevi davanti la vetrina di una libreria. Osservate con attenzione i volumi esposti. Con ogni probabilità nessuno dei titoli presenti verrà trovato da vostro nipote nel suo manuale di storia della letteratura fra cinquant'anni. È storia vecchia il dibattito sul valore del bestseller e sulla funzione della critica specialistica. In molti seguono con attenzione le classifiche dei libri più venduti per orientarsi sulla lettura. Altri, invece, fanno orecchie da mercante alle suggestioni del marketing editoriale e preferiscono puntare sulla qualità che gli esperti trovano in libri poco diffusi. Solo che oggi è sempre più difficile capire cosa sia di qualità e cosa no. E nemmeno i più blasonati premi letterari ci aiutano in questo. Insomma il dibattito è apertissimo.
Per capire cosa succederà a nostro nipote è forse utile capire cosa è successo a nostro nonno. La Storia è sempre stata una maestra all'altezza della situazione. E non è un quindi un'operazione gratuita e fine a se stessa quella di andare a scorrere l'indice dei libri più venduti e a cercarne un riscontro nei titoli che compongono il gotha delle nostre Patrie Lettere.
La pubblicazione di un volume come quello firmato da Michele Giocondi, esperto di storia dell'editoria e del mercato librario, con il titolo «I bestseller italiani 1861-1946» (pagine 272, euro 20), pubblicata dall'editore Mauro Pagliai, aiuta a conquistare una prospettiva nuova sul panorama della nostra letteratura e a capire i gusti di un pubblico che non si muoveva proprio in sintonia non solo con i dictat della critica del tempo ma nemmeno con i gusti degli storici della letteratura arrivati soltanto in seguito. La ricerca di Giocondi riesuma personaggi da tanto tempo sepolti nel dimenticatoio collettivo: ritornano così alla luce personaggi del calibro di Paolo Mantegazza, Gerolamo Rovetta, Luciano Zuccoli, Umberto Notari, Mario Mariani, Virgilio Brocchi e Guido Milanesi. Scrittori oggi per lo più sconosciuti o dimenticati ma che tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento furono autori di romanzi che appassionarono centinaia di migliaia di lettori. I loro nomi, pur non avendo la stessa fama di Carlo Collodi, Emilio Salgari, Gabriele D'Annunzio, Edmondo De Amicis, Antonio Fogazzaro o Carolina Invernizio - e neppure lo stesso spazio nelle antologie e nello scaffale dei classici -, fanno tuttavia parte del lungo elenco di romanzieri accomunati dalla fortuna commerciale quando ancora il numero dei lettori era piuttosto ristretto. Alcuni di loro, come Anton Giulio Barrili, facevano anche parte dell'establishment letterario e accademico (cattedratico e rettore all'università di Genova e sodale di Giosuè Carducci). Barrili, però, i suoi contemporanei lo apprezzavano soprattutto per i suoi romanzi sentimentali come «Capitan Dondero» e «Come un sogno». Con «L'olmo e l'edera» Barrili creò un longseller, uscito nel 1877, che solo nel 1910 vendette 24.000 copie e che ancora nel 1940 era capace di arrivare a 75.000 esemplari. Gerolamo Rovetta, autore di una decina di romanzi, registrò il suo maggior successo con «Mater dolorosa» del 1882, venduta in oltre 50.000 copie ai primi del Novecento romanzoni storici. Tra loro spicca il nome di Salvatore Farina, autore di una settantina di opere tra le quali «Capelli biondi», «Il tesoro di Donnina» e «Amore bendato», riusciva, a esempio, a vendere tra le 10.000 e le 20.000 copie a titolo. Farina, però, dopo anni di grande successo commerciale, inciampò in una disavventura davvero paradossale: perse la memoria e passò gli ultimi anni della sua vita su un lavoro autobiografico che molto più di quello di Marchel Proust avrebbe dovuto chiamarsi «Alla ricerca del tempo perduto». Paolo Mantegazza, autore di opere di divulgazione scientifica e di romanzi di grande successo, vide «Un giorno a Madera» venduto a decine di migliaia di copie, con ristampe continue. Umberto Notari, autore di un opera dal successo strepitoso come «Quelle signore» uscita nel 1904, nel 1908 aveva al suo attivo già oltre 200.000 copie, che nel 1910 erano salite a 300.000. Nel 1925 Notari era ad un totale di 580.000. Luciano Zuccoli con «La freccia nel fianco» del 1913 ottenne un successo da 150.000 copie. Mario Mariani con «La casa dell'uomo» tagliò il traguardo delle 70.000 copie. Virgilio Brocchi, autore di decine di romanzi di carattere romantico, con «Il posto nel mondo» del 1920 arrivò a 160.000 copie. Guido Milanesi, ammiraglio e autore di romanzi come «Thalatta», «Nomadi» e «La sperduta di Allah», con «Sancta Maria» del 1936 toccò le 70.000 copie.
Tuttavia, l'incontro tra qualità e popolarità si ottiene soltanto nel secondo Novecento con un volume che da solo rappresenta uno dei capitoli fondamentali della storia dell'editoria del Novecento: «Il gattopardo» di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Fu lanciato anche grazie a una accesa polemica letteraria del tempo. E oggi resta tra i più venduti e più letti. Molti autori che hanno venduto milioni di copie anche solo venti o trenta anni fa sono ormai scomparsi. Si sono perse le tracce di Lara Cardella (quella di «Volevo i pantaloni»); scrive poco anche Susanna Tamaro, campionessa indiscussa nelle vendite. Solo Umberto Eco resiste, mentre per altri outsider delle classifiche come Gavino Ledda non c'è più una adeguata ribalta.
Forse è pretestuoso o inutile pensare che troveremo Federico Moccia o Giorgio Faletti nelle Storie letterarie che verranno redatte fra cinquant'anni.

Resta un fatto sorprendente e sui cui riflettere in abbondanza, però, che tra i venti libri più letti del Novecento (letti, si badi bene, non venduti) ci sono soltanto due contemporanei: il già citato Tomasi di Lampedusa e Luigi Pirandello (con «Il fu Mattia Pascal»).

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